Il viaggio
Il viaggio
Tino Berti
L’incontro avvenne casualmente nella confusione che precedette la formazione della colonna davanti al cancello del Lager di Auschwitz. Si ritrovarono in quattro, tutti giovani, di nazionalità diverse, ad attendere che l’ordine di incolonnarsi e partire venisse dato da quella SS che sembrava di grado più elevato. L’italiano, Pio, un torinese, disse: “dato che noi siamo giovani, cerchiamo di stare assieme”. Furono tutti d’accordo. Luis, l’olandese e il francese Jean, entrambi ebrei si conoscevano da tempo avendo lavorato assieme nella fabbrica di gomma sintetica, la famigerata Buna emanazione del grande colosso chimico IG Farben. L’italiano ed un belga, ebreo anche lui, non si erano mai visti. Facevano parte dell’immenso universo che il Lager di Auschwitz conteneva e che rappresentava tutta l’Europa.
Luis, l’olandese, il più giovane di tutti, cominciò a guardarsi le scarpe e quelle dei suoi improvvisati compagni. Storse un po’ la testa e dichiarò al belga: “speriamo che non ci sia molta strada da fare, perché camminare con i tuoi scarponi con la suola di legno sulla neve sarà dura”. L’italiano che non comprendeva alcuna delle lingue parlate nel Lager, ma che aveva assorbito durante quei mesi di deportazione la “lingua” del Lager, si fece spiegare cosa avesse detto Luis. Cosa che dovrà fare ogni volta che ci sarà un discorso impegnativo, cioè che non tratterà parole come pane, acqua, incolonnarsi per cinque, levarsi il berretto, ecc. Finalmente, dopo aver patito tutto il freddo possibile dietro il cancello del Lager, la colonna si mosse, oltrepassò il cancello e prese una direzione che per quei quattro amici ed anche per la stragrande maggioranza dei deportati che componevano la colonna era completamente nuova.