Skip to content
Home » Blog » Le Rubriche di RecSando » Per Non Dimenticare » Tino Berti » Il vescovo Neuhausler

Il vescovo Neuhausler

Il vescovo Neuhausler

 
 Tino Berti
 

L’amico Melodia, parecchi mesi fa, recensì criticamente un libercolo del vescovo cattolico Neuhausler che ebbe la ventura di essere deportato nel Lager di Dachau da dove, il 25 aprile 1945 assieme ad altri deportati del cosidetto “bunker d’onore”, venne trasferito nel Sonderlager SS di Innsbruck e quindi a Villabassa in Val Pusteria dove fu liberato.
Egli scrisse nell’immediato dopoguerra un libro “Kreuz und Hakenkreuz” (Croce e croce uncinata) edito a Monaco nel 1946.
Nel libro parla un po’ di tutto. E’ in sostanza un tentativo di difesa della posizione delle gerarchie cattoliche durante il nazismo, spesso omettendo dei particolari particolarmente significativi che, se conosciuti, non avrebbero certamente fatto onore ai vescovi e cardinali tedeschi dell’epoca[1].
Di quello che non parla, cosa che invece a me sembra importante, è la posizione che lui “fiero avversario del nazismo” assunse nel dopoguerra.
Nel dopoguerra in Germania vennero istituiti i tribunali per la condanna dei crimini nazisti gestiti dai vincitori. Vennero arrestati e giudicati ufficiali delle SS, comandanti di quei reparti speciali che sterminarono gli ebrei in Polonia, Russia, ecc., vennero arrestati comandanti dei Lager, SS guardiane dei Lager, medici che ordinarono o sperimentarono medicinali usando i deportati come cavie, coloro che fecero parte dello Staff che praticò l’eutanasia, dirigenti e proprietari dei grandi gruppi industriali, funzionari ministeriali,  ecc. ecc.
Questi criminali, perchè altro non erano, trovarono un valido sostegno negli ambienti delle chiese cattolica ed evangelica, le quali fecero a gara per difenderli. Il vescovo Neuhausler si trovò in prima fila fra i difensori di costoro.

Inizia subito nel dopoguerra ad interessarsi dell’ Obersturmbannfuehrer delle SS, Waldemar Meyer che aveva diretto un reparto speciale avente lo scopo di trafugare opere e tesori artistici dalla Russia. Lo raccomandò al Commissariato di stato  affinchè gli venisse assegnato un alloggio. In quei giorni il Meyer concordava con la posizione politica assunta dalla Chiesa ed infatti scriveva: “ Il comunismo sta estendendo la sua influenza, senza una Germania pesantemente armata l’ondata bolscevica non si può arrestare…..
………anche l’antisemitismo è in forte aumento a causa della condotta provocatoria degli ebrei immigrati dall’Est. Gli ebrei dell’Est, che sono arrivati quì vestiti di stracci, oggi possiedono immense ricchezze e vengono chiamati vermi nel corpo mortalmente malato del popolo “.
Nell’autunno del 1948 la Chiesa cattolica si mobilitò a favore del comandante del Lager di Chelmno (300.000 ebrei gasati), Alexander Piorkowski, dopo che erano stati condannati e già giustiziati alcuni aguzzini del Lager di Flossenbuerg e alcuni  responsabili dell’uccisione di aviatori alleati lanciatisi col paracadute dal loro aereo in fiamme o costretti ad atterraggi fortunosi sul suolo tedesco. Poichè erano previste altre esecuzioni di condannati, il vescovo Neuhausler inviò un telegramma di protesta al ministro americano delle forze armate chiedendone la revoca, spalleggiato in questa protesta dalla stessa Segreteria di Stato vaticana che aveva inviato al presidente Truman una nota diplomatica su suggerimento del cardinale Frings, il quale aveva avuto la conferma dal sostituto Montini, futuro papa Paolo VI, che la nota di protesta era stata inviata.
Neuhausler, come cercherà di salvare dalla condanna a moerte il generale della SS Pohl, intercedette in maniera pesante anche a favore di Paul Blobel, sterminatore – come risulterà dal processo di Francoforte – dei 90 bambini di Belaja e delle migliaia di ebrei di Luzk
Neuhausler in quei tempi divenne un grafomane: scriveva  e telegrafava dappertutto.  Scrisse, sempre al cardinale Frings, che “ alcuni addetti dei processi di Dachau[i] gli hanno fatto delle rivelazioni sconvolgenti. In questa situazione capisco sempre di più che un ricorso in appello è da escludersi; pare che vengano fuori troppe cose sgradevoli”.
In una lettera da lui scritta all’OMGUS, governo militare americano in Germania, del 27 agosto 1948 definisce i testimoni, chiamati al processo contro gli aguzzini di Flossenbuerg, “omosessuali, stupratori di bambini, ruffiani, comunisti e criminali di professione[ii]”.
Dopo aver avuto alcuni attriti con i rappresentanti delle forze armate americane e con i direttori delle carceri dove erano rinchiusi i criminali nazisti, sorse il 26 novembre 1949, nella sede dell’arcivescovado di Monaco, il “Comitato per l’aiuto ecclesiastico ai detenuti” il cui presidente – come è scritto e “Sua Eccellenza Johannes Neuhausler” ed i cui scopi primari sono:
-attirare, concentrare ed incrementare l’attenzione della stampa sui processi che si vanno celebrando contro i criminali di guerra;
-garantire ogni forma di assistenza giuridica “ ai detenuti degni e bisognosi, in particolare a quelli di Landsberg[iii]”.
Nella richiesta di contribuire alle spese del Comitato il solerte presidente firma una lettera in cui si richiama anche ad un altro scopo: “ L’opportunità che il popolo tedesco tracci la sua strada verso il futuro libero da complessi di colpa imposti dall’estero”.
Cerchiamo di vedere chi sono i detenuti nel carcere di Landsberg.
Troviamo: gli industriali Flick, Krupp e Roechling proprietario della Rheinmetall, i dirigenti dell’IG Farben, il grande Trust chimico-farmaceutico che, oltre alla benzina sintetica ed ai medicinali, produce la Buna, la gomma sintetica la cui produzione costò la vita in due anni a decine di migliaia di deportati di Auschwitz, i comandanti dei reparti speciali destinati a sterminare gli ebrei dell’Est Europa (ad esempio Otto Ohlendorf), altri esponenti delle SS come Gottlob Berger, Bach-Zelewski, Hildebrandt, F. Knoechlein, Kurt Meyer, Jochen Peiper, Oswald Pohl, Max Simon, Franz Six, Waldeck-Pyrmont, Walter Warlimont, diplomatici e politici del Terzo Reich che collaborarono nello scatenamento e nella conduzione della guerra,come K.W. Best, Walter Funk, H.Jost, W.Keppler, Paul Koerner, H. Lammers, H. Lohse, F. Schlegelberger, L. Schwerin von Krosigk, G. S. von Moyland, E. von Weizsaecker[iv], ed una notevole schiera di medici, avvocati, ufficiali e sottufficiali delle SS e guardiani dei Lager.
Queste erano le persone che Neuhausler ed altri prelati della chiesa difendevano!
Parlare del vescovo Neuhausler e delle sue difese continue a favore dei criminali di guerra nazisti ci porterebbe molto lontano: si potrebbe farne un saggio e pubblicarlo a parte.
Neuhausler nel dopoguerra era diventato un vero maniaco: difendeva tutto e tutti, meno ovviamente i suoi compagni ex deportati nei Lager per i quali non aveva parole gentili. Questa sua mania lo portò a difendere l’atteggiamento che le gerarchie della Chiesa cattolica avevano tenuto nei confronti del nazismo di fronte all’operazione eutanasia (T4) e lo obbligò a raccogliere una figuraccia che solo la sua faccia tosta gli permise di presentarsi nuovamente sul pulpito.
Riporto integralmente la parte di una mia conferenza che è in corso di pubblicazione:
 
“ Albert Hartl, prete spretato, arruolatosi nelle SS, divenne Capo delle informazioni per il culto al comando della polizia di sicurezza (SD) a Berlino.
Nell’estate del’38 il suo capo, Heydrich, gli diede l’ordine di presentarsi alla cancelleria del Fuehrer da Brack[v] il quale gli chiese di sondare se la Chiesa cattolica avrebbe fatto una grande opposizione ad una legge sull’eutanasia che avrebbe avuto per oggetto l’eliminazione dei pazzi incurabili.
Brack aggiunse nel corso del colloquio che, avendo ricevuto alcuni mesi prima manifestazioni di sostegno dalla Chiesa in occasione dell’occupazione dell’Austria, Hitler voleva avere delle informazioni precise per non provocare conflitti o tensioni con i cattolici.
Hartl rispose che un’opinione su questo argomento, per avere un valore anche propagandistico, doveva venire espressa da un uomo di scienza e, con l’accordo di Brack, andò a parlarne col professor Josef Mayer, insegnante di teologia morale nell’Università cattolica di Paderborn il quale accettò l’incarico di preparare un lavoro “ sull’atteggiamento della Chiesa cattolica nei riguardi dell’eutanasia “.
Un lungo studio del Mayer, consegnato alcuni mesi dopo allo Hartl, terminava dicendo che l’eutanasia dei malati mentali era difendibile.
Qualche settimana dopo Brack informò Hartl che Hitler aveva superato la sua indecisione e aveva dato ordine di iniziare l’operazione. Era quindi venuto il momento di informare le chiese, cattolica ed evangelica, e lo Hartl stesso consegnò una copia dello studio del Mayer a Josef Roth, un prete che a quel tempo era a capo della sezione cattolica del ministero dei culti il quale provvide ad informare sia l’arcivescovo Berning che il Nunzio Apostolico a Berlino. Mentre Berning osservò che alcune pagine del documento erano “ molto imbarazzanti per la Chiesa “, il Nunzio Apostolico non espresse alcun commento e si limitò a dire che riceveva “informalmente” nota di quanto consegnatogli.
Per i protestanti fu informato un pastore[vi] che era a capo di un manicomio il quale non avanzò alcuna protesta, ma richiese che il suo ospedale fosse escluso da quell’operazione.
Successsivamente venne dato incarico allo Hartl di contatttare un gruppo di medici ed uno di giuristi ai quali illustrò il documento e richiese la loro opinione. Non vi furono voci contrarie: si limitarono a stare zitti.
Queste dichiarazioni Hartl le fece a Norimberga nel 1947 quando venne chiamato a testimoniare nel processo Brack e le ripetè nel 1965 e 1967 durante i processi intentati ai medici ed al personale che aveva partecipato all’operazione eutanasia.
Quando nel 1967, al processo di Francoforte venne chiamato a testimoniare, si trovò in compagnia del professor Josef Mayer. Questi, non solo negò di conoscere lo Hartl, ma disse anche che della famosa “Opinione” che Hartl sosteneva di avergli commissionato, lui non sapeva niente. Nel controinterrogatorio, il Mayer, incalzato dalle contestazioni della pubblica accusa e delle precisazioni dello Hartl, dovette vergognosamente ammettere che aveva avuto l’incarico di preparare l’”Opinione” che aveva poi consegnato allo Hartl ed aggiunse che di ciò erano stati informati tutti i suoi colleghi. Si ricordi che i suoi colleghi, come del resto lui stesso, erano professori di una Università cattolica, quella di Paderborn, che operava sotto la sorveglianza delle autorità ecclesiastiche.
Queste testimonianze costituivano chiaramente una vergogna infamante per le Chiese tedesche e, da parte cattolica non potevano venire supinamente accettate, pena la perdita di credibilità e la disaffezione dei cattolici tedeschi nei confronti del loro clero e dei loro vescovi.
Perciò il vescovo Neuhaeusler, con un passato di antinazista e di ex deportato nel campo di concentramento di Dachau, ritenne opportuno scendere in campo  e difendere il clero tedesco e la posizione della Chiesa cattolica.
La difesa della Chiesa cattolica, intrapresa dal vescovo Neuhaeusler non riscosse risultati tangibili: egli cominciò col dichiarare che tutti coloro che erano stati informati dell’operazione eutanasia erano dei preti spretati, scrisse che il professor Mayer aveva negato di essersi mai pronunciato a favore dell’eutanasia[vii], citava personalità della Chiesa e documenti, che secondo lui, avrebbero dovuto ridare una verginità alla Chiesa ed all’episcopato tedesco. Raccontò, durante la sua testimonianza sempre al processo di Francoforte, che lui stesso aveva fatto delle indagini in due località dove si svolgeva l’operazione eutanasia, ma che nessuno dei popolani che aveva avvicinato sapeva niente di quella operazione, tanto essa era coperta dal segreto di Stato. Per questa ragione – spiegò – mancarono sino a guerra inoltrata le proteste del clero tedesco.”
Concludendo, questo “nostro” compagno di deportazione invaso da un sacro dovere di difendere tutti e tutto, non si peritò di indicare i deportati suoi compagni come: “omosessuali, stupratori di bambini, ruffiani, comunisti e criminali abituali”.[2]
 
Alberto Berti

 


[1]Avevo da tempo terminato questo ritratto quando mi è capitato di leggere un interessante libro di Guenter Levy “I nazisti e la chiesa” ed. Il Saggiatore, 1965, in cui l’autore, in tutte le note in cui cita il vescovo Neuhaeusler, mette in evidenza i tagli e le omissioni degli scritti dei vari cardinali e maggiorenti della Chiesa – operate dallo stesso vescovo – che avrebbero permesso di dare un giudizio ancor più negativo del loro comportamento durante il nazismo.
[2]Chi volesse approfondire le notizie sul vescovo Neuhaeusler dovrebbe effettuare, se gli viene concesso, delle ricerche negli archivi della diocesi di Monaco di Baviera e consultare il prezioso libro di Ernst Klee “Persilscheine und falsche Paesse. Wie di Kirche den Nazi halfen”.

 


[i]I processi svoltisi nell’ex campo di concentramento di Dachau,contro oltre un migliaio di criminali per le loro attività nei Lager, possiamo – per nostra comodità – suddividerli così: per i crimini compiuti nei Lager di Dachau, Flossenbuerg, Muehldorf, Nordhausen (DORA) e Buchenwald; in processi minori, circa 200, viene affrontata l’uccisione di prigionieri di guerra alleati ed inoltre, sempre a Dachau si svolge il processo contro i medici della clinica di Hademar dove si praticava l’eutanasia.
Già nel dicembre 1945, nel processo contro il comandante e gli aguzzini del Lager di Dachau vennero emesse 36 condanne a morte. 28 sentenze capitali vennero eseguite nel maggio successivo.
[ii]Lettera citata da F.M. Buscher a pag 94 del suo The U. S. War Crimes Trial Program in Germany, 1946-1955, New York 1989.
[iii]Nel carcere di Landsberg in quei giorni si trovavano incarcerati, tra gli altri, i persnaggi che elenchiamo sopra.
[iv]Per molti lettori i nomi riportati diranno ben poco; purtroppo sono personaggi che direttamente o indirettamente, con la loro azione nel contesto del regime nazista, hanno influito sullo sterminio degli ebrei, degli zingari e sulla morte di centinaia di migliaia di deportati. Per questo ho pensato di tracciare per ognuno una breve nota biografica.
  Otto Ohlendorf, generale della SS. Era capo del servizio di sicurezza e capo della sezione per il commercio d’oltremare presso il ministero dell’economia. Comandandante delle Einsatztruppen (SS) dedite allo sterminio degli ebrei in Russia. Si era vantato di non aver lasciato in vita un solo ebreo a Sinferopoli.(1941-1942). Impiccato nella prigione di Landsberg l’8 giugno 1951.
  Gottlob Berger, generale delle SS. A capo della direzione generale delle SS, per alcuni mesi diresse praticamente il ministero dei territori occupati dell’Est, in Ruasia. Condannato a 25 anni di carcere nell’aprile 1949 venne liberato alla fine del 1951.
  Erich von Dem Bach- Zelewski, generale delle SS. Comandante in capo per conto di Himmler della guerra antipartigiana e comandante di un corpo d’Armata verso la fine della guerra. Condannato a 10 anni di “campo di lavoro” non ha mai scontato la pena.
  Richard Hildebrandt, Alto comandante delle SS e della polizia per la Prussia orientale e per la città di Danzica dal 1939 al 1943, capo del RUSHA, l’ufficio per la razza delle SS (‘43-45). Condannato a 25 annidi carcere il 10 marzo 1948.
  Kurt Meyer, colonnello delle SS, comandante di una divisione corazzata in Normandia, fucilò prigionieri di guerra canadesi. Condannato a morte nel dicembre 1945, la pena fu commutata e venne rilasciato libero il 7 settembre 1954.
  Jochen Peiper,colonnello delle SS, comandante di un reggimento corazzato, responsabile sia dei fatti della città d’Alba in Piemonte che dell’assassinio di 71 prigionieri di guerra americani a Malmèdy e di alcune centinaia di civili belgi,nel dicembre 1944, durante la controffensiva tedesca nelle Ardenne. Condannato a morte nel 1946, ebbe la sentenza commutata  e venne liberato a Landsberg nel 1957.
  Oswald Pohl, Generale delle SS, capo della amministrazione economica(WVHA) che includeva anche l’Ispettorato dei campi di concentramento, autore della famosa circolare che incrementò il numero delle vittime tra i deportati, venne impiccato a Landsberg l’8 giugno 1951.
  Max Simon, colonnello delle SS, comandante della divisione Totenkopf (quella che forniva i guardiani dei Lager) e nel 1944 della XVI divisione SS. Venne assolto dall’accusa di aver ordinato esecuzioni sommarie illegali e liberato nel 1955.
 
  Fran Six, professore, colonnello delle SS. Prestò servizio in Russia nei famigerati gruppi di sterminio, fu poi trasferito al ministero degli Esteri come esperto antisemita. Condannato all’ergastolo, la pena gli fu commutata e il 30 settembre 1952 venne rimesso in libertà.
  Principe ereditario (Erbprinz) Josias zu Waldeck Pyrmont, generale delle SS, comandante delle SS e della polizia per la Franconia e Kassel. Nela sua zona vennero a trovarsi una infinità di Lager, fra cui Buchenwald, dove era acquartierata una divisione SS comandata direttamente dal principe. Condannato all’ergastolo nell’agosto 1947, pena commutata e liberato nel 1952.
  Walter Warlimont, generale, comandante dei volontari tedeschi inviati in Spagna durante la guerra civile in aiuto di Franco.Capo della sezione Difesa nazionale, condannato, il 28 ottobre 1948 al carcere a vita. Sentenza commutata in 18 anni di carcere, rimesso in libertà nel 1957.
   Karl Werner Best, generale delle SS. Primo consulente legale della polizia di sicurezza e della Gestapo. Plenipotenziario del Reisch in Danimarca. Condannato a morte nel 1946, pena commutata e rilasciato libero nel 1951.
  Walter Funck, Ministro per gli Affari Economici. Condannato all’ergastolo nell’ottobre 1946, trasferito in ospedale nel 1955.
  Heinz Jost generale delle SS, capo del controspionaggio estero delle SS. Condannato all’ergastolo, liberato a fine 1951.
  Wilhelm Keppler, generale delle SS, rilasciato da Landsberg, dopo una condanna, nel 1951.
   Paul Koerner, generale delle SS, segretario di Stato con Goering nel consiglio prussiano e nel piano quadriennale(che fu in sostanza il piano di riarmo della Germania nazista). Successivamente negli ultimi anni di guerra fu l’amministratore delle industrie Hermann Goering, che tanto lucro trassero dall’impiego della mano d’opera deportata. Rilasciato da Landsberg nel dicembre 1951.
Hans Lammers, Generale delle SS, capo della cancelleria del Reich
con il grado di Ministro. Condannato a 20 anni di carcere a Norimberga, ma rimesso in liberta nel novembre 1951.
   Heinrich Lohse, Gauleiter dello Schleswig-HHolstein, commissario del Reich per gli stati baltici e la Russia Bianca. Durante il suo commissariato avvengono le fucilazioni di massa a Wilna. Liberato da Landsberg nel 1953.
  Franz Schlegelberger, vice ministro di grazie e giustizia. Condannato all’ergastolo, ma rilasciato nei primi mesi del 1951.
   Ernst von Weizsaecker, padre del precedente presidente della repubblica federale tedesca, segretario di stato agli esteri, rilasciato da Landsberg nell’0ttobre 1950.
  
[v]Victor Brack,Caposervizio nella cancelleria di Hitler, diresse successivamente l’impianto delle camere a gas in Polonia e venne condannato a morte ed impiccato nel carcere di Landsberg.
[vi]Il pastore protestante, che secondo Hartl, non avanzò alcuna protesta, invece, secondo quanto scrive il Gruchmann nel suo libro, protesto energicamente assieme ad un altro pastore, il Braune.
[vii]Entrambe le cose non erano vere: i due preti non erano spretati, il Nunzio Apostolico ed il vescovo Berning tanto meno ed il professor Mayer aveva già ammesso nel controinterrogatorio di aver scritto l’”Opinione” e di aver informato del suo contenuto gli altri colleghi dell’Università cattolica di Paderborn.

Loading

Skip to content