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L’altra veste indossata da Antonella Tamiano, scrittrice salentina dal multiforme ingegno, la rende ancora più splendida di quanto lo sia normalmente. Perché alla sua arte di scrittrice di romanzi d’amore e gialli misteriosi, aggiunge quella pittorica di illustratrice. La costante in tutte le sue opere è la collocazione geografica delle storie e avvenimenti: la sua terra, il Salento, che avvolge come madre i personaggi e li consola dal loro peregrinare non solo geografico ma spirituale, guarendoli dall’ansietà.
L’altro ingrediente, mai sopito, è l’amore o meglio la sua ricerca spasmodica. Per questo le sue eroine assomigliano a tanti Orlando furioso, non Angelica che sfugge alle insidie amorose. Questo tocco di insania e di follia del senso di libertà inappagato contagia anche la piccola formichina Nerina, che vive felicemente nel suo regno, Boscolandia, ricco di fiori variopinti e inebriante di profumi, accanto ad una miriade di animaletti che condividono con lei un mondo di apparente felicità, forse assuefazione.
Il Delitto di Sant’Ambrogio di Massimo Milone inizia come un film: c’è una sparatoria in pieno centro, a Milano, nei giorni di S. Ambrogio, patrono della città, in cui viene ferito un giovane da un sicario. Melina Laganakis, poliziotta dell’ottavo distretto, si trova nei paraggi e, appena sente gli spari, interviene e spara, uccidendo uno dei malviventi.
“Se proprio ci tenete a biasimarmi per qualcosa, chiedetemi perché racconto tutto questo come se fosse un rito collettivo. Il ‘nostro’ dolore, la ‘nostra’ perdita. Non c’era nessun ‘noi’. Mi sono inginocchiata ai piedi di Patroclo perché ho capito di aver perso uno degli amici più cari della mia vita”. A parlare è Briseide, schiava prigioniera, concessa in premio ad Achille dopo l’assedio e la distruzione della sua città, Lirnesso, alleata di Troia. Tutto ha perso Briseide, unica sopravvissuta alla sua famiglia, al marito e ai fratelli. E freme mentre sente il clanglore della battaglia a ridosso delle tende e delle navi greche che sono in pericolo, dopo che Achille è entrato in contesa con Agamennone, il grande capo. Un dissidio fra uomini, sembrerebbe, una disputa di potere. Le donne ne pagano le conseguenze, trattate come cose che passano dall’uno all’altro contendente. “Come ragni stavamo raggomitolate al centro delle nostre tele.
Agata è una Portatrice, ossia una delle tante donne che, durante la Prima Guerra Mondiale, supportavano gli Alpini che combattevano in Carnia contro gli Austriaci, portando le loro pesantissime gerle piene di viveri, ma soprattutto munizioni ed armi, lungo gli impervi sentieri di montagna e i camminamenti, fino a raggiungere le trincee.