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La Scala rompe il silenzio: un grido di pace contro la guerra in Palestina

TEATRO ALLA SCALA _ STOP THE WAR IN PALESTINA

Un gesto simbolico durante la prima del “Siegfried” diventa segnale di dissenso e coscienza civile

Venerdì 6 giugno, il Teatro alla Scala di Milano ha lanciato un messaggio chiaro e potente: “Cessate il fuoco!”, “Stop the war!”. Non più silenzi istituzionali, né diplomazie dell’indifferenza. In occasione della prima del Siegfried di Richard Wagner, il palcoscenico del tempio musicale milanese si è trasformato in un megafono di pace, proiettando messaggi espliciti contro la guerra in Palestina.

La scelta non è casuale né isolata. Dietro questa manifestazione si avverte l’eco delle polemiche scoppiate nelle scorse settimane, quando una dipendente della Scala – una maschera – era stata licenziata dopo aver gridato “Palestina libera” durante un evento istituzionale alla presenza di autorità governative italiane e internazionali. Il suo gesto era stato definito come “disobbedienza civile” e accompagnato da una dura critica all’atteggiamento del Teatro, accusato di complicità silenziosa nel non aver mai promosso iniziative ufficiali in favore della causa palestinese, a differenza di quanto avvenuto in passato per altri conflitti, come quello in Ucraina.

Dietro le quinte si celano tensioni che vanno oltre la cultura. La dipendente aveva puntato il dito contro i legami economici del Teatro con colossi finanziari e industriali – tra cui Intesa Sanpaolo, Crédit Agricole, Allianz ed Edison – coinvolti, secondo alcune fonti, in investimenti legati sia all’industria bellica che allo sfruttamento delle risorse nei territori palestinesi occupati. Un retroscena che offre una lettura ben più profonda del lungo silenzio istituzionale.

Ma ora qualcosa è cambiato. Nella serata della prima, accanto agli appelli in più lingue per la cessazione del conflitto, è apparsa anche una citazione verdiana: E vo gridando pace, e vo gridando amor”, tratta dal Simon Boccanegra. Un invito alla riconciliazione, che risuona con forza nei corridoi della Scala e, idealmente, si espande ben oltre le sue mura.

Quel grido, nato dalla volontà dei lavoratori del Teatro, non è solo una dichiarazione etica, ma anche una presa di posizione culturale e politica. La Scala, simbolo della tradizione musicale europea, si è finalmente espressa su un tema globale che scuote coscienze e divide opinioni.

È presto per dire se questo segnerà una svolta duratura nell’atteggiamento delle istituzioni culturali italiane verso la questione palestinese. Ma una cosa è certa: nella serata di ieri, la musica non è stata la sola protagonista. Sul palco, tra le note di Wagner, ha trovato spazio anche la voce della coscienza civile.

Fabrizio Cremonesi – Redazione N>O>I

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