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Arte Andina dell’Artista Eduardo “Mono” Carrasco fino al 28 Settembre

CARRASCO E L’ARTE ANDINA

Fino al 28 di settembre sarà possibile visitare la mostra dell’artistica Eduardo “Mono” Carrasco, il cui nome è in realtà Hector. Proprio la questione del nome permette di proiettarci nel cuore tematico dell’esposizione intitolata  Juan sin tierra (Giovanni senza terra) non per ricordare il poco amato monarca inglese, ma per celebrare la figura dell’esule, del senza patria. Carrasco è lontano dalla sua terra ormai da anni costretto alla fuga dopo il drammatico golpe che avrebbe trascinato il Cile negli anni più bui della sua storia.
Le sue opere, fieri araldi della tradizione pittorica andina, assumono il valore simbolico di un cordone ombelicale che gli anni e la violenza non hanno saputo recidere. I suoi quadri raffigurano l’insieme di percezioni sensoriali e di sensazioni che scaturiscono nell’artista al pensiero della terra d’origine. Si possono osservare scene bucoliche e ritratti che celebrano il paesaggio e la natura, ma che finiscono per fondersi a tematiche di critica sociale e politica. Un modo di produrre arte non distante dalla “Canciòn de los pueblos andinos” del celebre gruppo degli Inti Illimani di cui non a caso Carrasco è rappresentante in Italia. Le sonorità di canzoni come El Condor pasò portano con sé un insieme di sensazioni ataviche che legano l’uomo in simbiosi perfetta con la natura; esattamente come nel quadro di Carrasco che presenta in un corpo unico gli esseri viventi delle Ande, il lama, il lupo, il condor ed assieme a loro l’uomo.

Un uomo che non si pone al di sopra della realtà naturale per sfruttarla, ma si cala al suo interno per raccoglierne i doni rispettandolo. Affianco a quest’opera è affisso un altro acrilico su tela che va a tessere un ulteriore filo conduttore con la discografia del gruppo cileno. Canto al programa rappresenta la speranza per una vita migliore portata dal Governo Allende, mostrando non fantomatiche immagini di progresso, ma una madre e una bambina strette in un abbraccio a loro volta circondate da una bandiera cilena e mi ha richiamato  i versi della Canciòn de poder popular: “ como seres humanos podremos vivir en Chile”(come esseri umani potremo vivere in Cile). Ancora  è possibile apprezzare l’acrilico Todos per la paz dove mani di colori differenti aiutano una colomba a spiccare il volo quasi a ricordare che solo la collaborazione tra tutti noi può instradarci verso un futuro diverso, così come cantavano gli Inti Illimani con “El pueblo unido jàmas serà vencido”. Un messaggio di pace lanciato in diverse produzioni attraverso vari simboli come la tradizionale colomba oppure la suggestiva immagine di un fiore nato da una granata.
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Caratteristica fondamentale della sua pittura è il colore. Sono colori vivaci  con contorni spessi neri che li valorizzano a dare fora e materialità alla pittura e  ad essere simbolo di vita come nel paesaggio così nei ritratti umani. Nella cultura andina ciò che non è colore non è vita, perciò sfondi di un blu cupo o neri fungono in questi quadri a richiamo all’oscurità o alla morte. Si può notare come in Todos dallo sfondo tenebroso emergano i più vari tipi umani con un campionario di espressioni differenti, ma che sono nel loro insieme la vita stessa grazie alle innumerevoli tinte decise utilizzate nel dipinto.
Alla mostra è possibile anche osservare sperimentazioni artistiche lontane dalla tradizione che si avvicinano a uno stile più occidentale. Tra queste Lautaro e Machi y Kutrun simboli della storia e del folklore andino-cileno. Lo stesso quadro Juan sin tierra, probabile ritratto dell’emozione dell’artista, è dipinto con una tecnica innovativa, ma che negli spessi contorni neri mantiene un filo rosso con la tradizione.
Visitare la mostra è un’esperienza necessaria se si vuole conoscere una cultura lontana della nostra e può essere l’occasione per fare gli auguri di buon lavoro a Carrasco che a breve restaurerà il murales vicino  a Piazza della Vittoria a San Giuliano “Il popolo unito non sarà mai vinto” il quale oltre  a sentire gli effetti del tempo, è stato recentemente deturpato con scritte oscene da alcuni vandali.

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Redazione RecSando – Alessandro Sicignano

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