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Una vita in campo

 

UNA VITA “IN CAMPO”       LUIGI GARLANDO

Calcio come palestra di legalità; politica come servizio; mafia, i giovani in campo per sconfiggerla. Le cipolline, per parlare di calcio giocato.

 

 

E lui, in un campo avrebbe anche potuto starci davvero, se avesse seguito la strada dei genitori, vignaioli nel Monferrato. Ovviamente non si tratta di un calciatore la persona di cui sto parlando… Ho aspettato questo incontro per due anni, perché avrei voluto venisse a parlarci di Falcone per il 20° anniversario della strage di Capaci. Ma era da quando ho letto il libro “Per questo mi chiamo Giovanni”, letto a scuola da mio figlio allora tredicenne, che avevo il desiderio di ascoltarlo. Alla fine è successo venerdì 17 gennaio, nell’ambito della Festa della Famiglia della Parrocchia di Sesto Ulteriano, oraganizzata da Don Antonio Loi con l’Associazione “Il Segnalibro” e il Patrocinio del Comune di S. Giuliano Milanese, Assessorato alla Cultura.

 

 

Sto scrivendo di Luigi Garlando, conosciutissimo tra i lettori della Gazzetta dello Sport, ma anche dai bambini. Già, perché lui scrive anche libri per bambini. Storie di grandi, ma rese comprensibili ai bambini, perché comunque la vita è una, non suddivisa tra vita per grandi e vita per bambini.

Così ha fatto conoscere a una grande platea di studenti delle elementari/medie, Giovanni Falcone, alcuni non ancora nati il 23 maggio 1992. Giorno in cui nacque appunto il protagonista del libro, Giovanni. Ovvero, in parallelo con il racconto su chi fosse Giovanni Falcone, come far capire ai ragazzini che il bullismo, e poi tutto ciò che è illegale come la mafia, va denunciato.  Nel 2008, ai bambini ha incominciato anche a parlare di politica, scrivendo di Camilla che la odiava, raccontandone il perché: figlia di un politico accusato di corruzione che si suicida, la bambina i si convince che la politica uccide. Invece la politica, se fatta come da significato letterale, è bella.

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Ha scritto una storia sulla guerra sotto forma di un racconto di un giornalista di guerra che scrive al figlio. E racconta di aver conosciuto la giornalista del Corriere uccisa in Afghanistan Maria Grazia Cutuli. E il dispiacere di quei giorni.     Scrive di calcio in forma di racconto, con Gol della collana Il Battello a Vapore (conosciutissime le Cipolline, Fanta squadra di calciatori dove anche i giocatori meno bravi, scendono in campo, senza che i genitori esasperino gli animi avversari). E soprattutto scrive da vent’anni di calcio giocato sui campi. Scrive di sport, convinto che lo sport sia una palestra di legalità, che insegna a rispettare regole. Certo oggi è cambiato tutto. Per esempio, vent’anni fa, per sapere risultati e come hanno giocato, bisognava aspettare 90° minuto, o la domenica sportiva. Oggi sappiamo già tutto online. Quale sarà dunque il futuro del giornalista sportivo? Ha provato a dare delle risposte ai numerosi presenti in sala. Ci vuole un valore aggiunto alla cronaca, riflette Garlando. Un’idea è stata quella, già dai tempi del famoso direttore Candido Cannavò, di raccontare gli avvenimenti anche dal punto di vista etico, educativo risaltare le scorrettezze in campo dei giocatori. Che dovrebbero essere un esempio per coloro che li guardano. Rivela una notizia che magari in tanti non si sono accorti. Sono due giorni che i giornalisti non firmano i loro pezzi per protesta alla decisione di azionisti e “padroni” di annettere alla Gazzetta on line, la sezione scommesse. Ribadiscono come Redazione, che non è proprio educativa una simile iniziativa, e che ricaduta può avere sui ragazzi.    E qui cita Papa Francesco, che agli sportivi chiede di essere persone, prima che personaggi. Alla fine, come tutti i suoi predecessori, Luigi Garlando ha avuto in regalo il grembiule con il logo dell’oratorio ospitante, quello che si usa per servire, molto appropriato per la sua missione, di servizio veramente per tutti.

Redazione RecSando Angela Vitanza – Foto Luigi Sarzi Amadè

 

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