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Progressive Rock: “Suoni per la mente”

Progressive Rock: il suono che accende il pensiero
Nel panorama musicale dominato da canzoni usa-e-getta, refrain costruiti a tavolino e ritmi appiattiti per essere “radio friendly”, il Progressive Rock resta un baluardo di resistenza artistica, un atto di ribellione culturale e spirituale. Non è solo un genere musicale: è un linguaggio, un viaggio mentale, un’esperienza di ascolto profonda che stimola la riflessione, accende il pensiero e apre finestre su nuove angolazioni della realtà.
Nato alla fine degli anni ’60, il prog (come viene affettuosamente chiamato dai suoi appassionati) ha rotto gli schemi del mercato musicale: non si piega alle regole della fruizione veloce, rifugge i brani da tre minuti confezionati per la radio, e spesso costruisce interi album come suite narrative, dove ogni canzone è un capitolo inscindibile dell’opera. Interrompere l’ascolto è come chiudere un libro a metà di una frase.
“Progressive: Il Pensiero in Musica” - L'arte di pensare con le orecchie
La forza del progressive sta nella sua capacità di fondere linguaggi: musica classica, jazz, elettronica, psichedelia e rock si contaminano in strutture complesse, tempi dispari e arrangiamenti elaborati. Ma ciò che rende questo genere davvero unico è la sua missione: non solo intrattenere, ma comunicare, raccontare, interrogare. Le band progressive non cantano (solo) d’amore o disimpegno: parlano di scienza, religione, ecologia, esistenza, futuro, società. Raccontano la solitudine dell’uomo moderno, l’alienazione, il sogno e la distopia, spesso anticipando temi che solo anni dopo diventano parte del dibattito pubblico.
Ascoltare prog significa dedicare tempo alla musica, come si fa con un film d’autore o un romanzo denso. È un invito all’ascolto attivo, non passivo. È allenare la mente alla complessità, al dubbio, al pensiero critico. In un’epoca in cui tutto ci spinge alla semplificazione estrema, alla distrazione costante e all’omologazione del gusto, il progressive rock è resistenza culturale.
“Album come Mondi: Iconografia del Progressive” - Copertine come opere d'arte
Non è un caso se molte copertine prog siano diventate iconiche. Basti pensare ai lavori visivi di Roger Dean per gli Yes o alle visioni oniriche delle copertine dei King Crimson. Ogni album è pensato come un’opera d’arte totale, dove musica, testo e immagine si fondono in una narrazione coerente e potente. L’ascoltatore viene immerso in un mondo sonoro e visivo, dove nulla è lasciato al caso.
Un genere non per tutti. E proprio per questo necessario.
Il progressive rock è raro in radio, nei talent, nelle playlist che scorrono sui social. È un genere “scomodo”, perché non ammicca, non si lascia semplificare, non si consuma in fretta. È musica “colta” nel senso più nobile: chiede all’ascoltatore di essere parte attiva, di mettere in gioco l’attenzione e le emozioni, e in cambio offre intuizioni, bellezza, visioni.
Oggi meno si pensa, più si è manovrabili. In questo contesto, il prog è un gesto politico, una dichiarazione di indipendenza dell’intelletto. Non serve solo alle orecchie, ma nutre la mente. E nel suo essere minoritario, trova la sua forza.
Perché se c’è una musica che può ancora cambiare il modo in cui guardiamo il mondo, quella musica è – senza dubbio – il Progressive Rock.
di Fabrizio Cremonesi – RadioCodaRitorta

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