Polveri, sabbie e agenti inquinanti, ci aiuta un super radar
Arrivano a portata del nostro naso dal deserto del Sahara, trasportate dal vento e poi anche dalle «piogge rosse».
Le polveri dal Nordafrica si sommano all’inquinamento delle città: se la loro concentrazione aumenta, crescono anche i tassi di mortalità e i ricoveri per patologie respiratorie e cerebrovascolari. Non solo: quando si depositano a terra il traffico motorizzato le risolleva nell’aria, funzionando da amplificatore.
Fino ad oggi la presenza di questi granelli microscopici era misurata solo in maniera indiretta e poco accurata, in base a linee guida europee. A mettere a punto un sistema innovativo per monitorare le nubi di polvere e prevederne l’arrivo sulle città è stato un gruppo di scienziati dell’Istituto di Scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr di Roma, in collaborazione con Arpa Lazio e due aziende europee di strumentazione scientifica, Jenoptik e Leosphere.
Attraverso il progetto europeo Diapason, i ricercatori hanno infatti creato dei particolari radar, chiamati «lidar ceilometer a polarizzazione» (Plc). «Emettono un raggio laser: analizzando il tempo e l’intensità del segnale di ritorno, è possibile determinare l’altezza e la concentrazione delle particelle sahariane, che si distinguono dal resto del PM10 per la loro forma non sferica», spiega Gian Paolo Gobbi dell’Isac-Cnr, responsabile del progetto. Fino ad oggi questi «erano strumenti usati solo nella ricerca, il nostro obiettivo è stato trasformarli in macchine automatiche, economiche e in grado di funzionare senza bisogno di manutenzione». Oltre alle polveri, sono in grado di identificare anche le ceneri di incendi e vulcani e potrebbero integrare la rete delle centraline della qualità dell’aria presenti nelle diverse regioni, restituendo una fotografia più completa della composizione dell’atmosfera.
Un primo passo a cui poi dovrebbero seguire iniziative concrete da parte degli amministratori: «Il trasporto di nubi desertiche è un fenomeno naturale di per sé difficile da controllare. Se riusciamo a prevederlo però, è più facile mettere in atto misure di mitigazione, come il lavaggio delle strade, la riduzione delle emissioni dovute al traffico o agli impianti di riscaldamento e l’aumento delle aree verdi con piante capaci di catturare il più possibile queste polveri», continua Gobbi.
Il progetto si è concluso nel 2015, ma la stagione dei Plc continuerà ben oltre “Diapason”: «Nel centro di Roma è ancora in funzione il primo prototipo – conclude lo scienziato – e a gennaio 2016 è nata la rete Alice che raccoglie anche altri lidar di questo tipo installati ad Aosta, Taranto e Milano. Presto un quinto sarà attivo a Messina». Non solo: il prototipo sviluppato dai ricercatori con la Jenoptik è in fase di industrializzazione e i servizi meteo tedesco, danese e olandese hanno già espresso interesse.