Skip to content
Home » Blog » Rassegna Stampa » San Donato Milanese » Migrazioni e conflitti all’origine di un dramma

Migrazioni e conflitti all’origine di un dramma

E'  il titolo della Conferenza  organizzata dal Decanato di San Donato e Rozzano, poi allargata a tutta la zona VI,  svoltasi giovedì 29 ottobre nell'Aula Consiliare del Comune di San Donato Milanese, davanti a un numeroso pubblico. “Si affronta un tema che  ha sfondi religiosi, politici e civili”, ha esordito Don Luca Violoni, decano di zona, “ed è per questo che si svolge in questa accogliente Aula Consiliare, luogo civile, messa a disposizione dall'Amministrazione comunale, che ringraziamo". I temi affrontati sono impegnativi e delicati: Conflitti e migrazioni. E' bene saperne di più, al di là delle facili affermazioni qualunquistiche, perché sono temi che ci toccano sempre più da vicino.  Alla luce della richiesta del Pontefice di accogliere una famiglia di profughi per ogni parrocchia, e che il nostro  decanato, composto da 13 parrocchie, ha pensato  di accettarne la sfida, è stata organizzata questa serata, per sapere qualcosa di più di quanto succede nei luoghi di partenza di questi esseri umani che da là fuggono disperati,   invitando una giornalista, collaboratrice e inviata di diverse  testate giornalistiche  in zone di guerra, la sandonatese   Rolla Scolari .    A moderare l'incontro, un altro giornalista, del sole 24 ore, Daniele Bellasio. Partendo dalla frase di Papa Francesco, in occasione dell'inaugurazione di EXPO, in cui il Pontefice esortava a "contemplare i volti di quelle persone"  che ci chiedono aiuto, per capirne i problemi,  con l'aiuto delle domande di Bellasio, e l'ausilio di mappe geografie della vasta area interessata ai conflitti,  la giornalista ha iniziato a raccontare i cambiamenti  dei motivi delle migrazioni degli ultimi 10 anni, che se prima erano solo di natura economica, oggi  sono anche  di persone che fuggono da un conflitto. Sono professionisti, imprenditori, che resterebbero sicuramente nel  loro paese, se non si sentissero minacciati di morte. Dalla Siria si fugge, sia dalle brutalità del  regime che da quelle del  famigerato stato Islamico. Stesso motivo, le fughe dall'Irak. Ma la maggior parte di queste persone si  stanno spostando nei paesi prossimi  dei confini. Basti pensare ai milioni di persone che si sono riversati nei piccoli stati di Libano e  Giordania, sconvolgendone l'assetto degli stati. (Ha citato poi  l'esempio del Libano, che sta affrontando una crisi migratoria 10 volte maggiore a quella Europea, e si ritrova a dover fronteggiare l'esigenza di strutture di accoglienza oltre ai servizi, o le scuole.. Libano che dopo 15 anni di guerra civile, anche a cause legate alla religione, oggi si può citare come paese che,  dando un buon esempio,  accoglie indifferentemente persone di tutte le confessioni  religiose.  Coloro che rischiano la vita sulle rotte  verso l'Europa, sono una piccolissima parte. (381.000 in Europa contro i 4 milioni di siriani che hanno lasciato il paese. E i fortunati che ce la fanno, si aspettano accoglienza, visto  che l'Europa esporta  sui media  il modello di democrazia a cui aspirano nei loro paesi. E invece incontrano nuovi muri, come in Ungheria.
Altro tema è l'accoglienza in Europa  a prescindere dai motivi della fuga dai loro paesi. Perché fare differenza, accogliere si-accogliere no , se a spingerli è la fame anziché la guerra? Perché  accettare alcune categorie e altre no? E la religione quanto incide?  Eppure tanti paesi fanno i distinguo. Senza pensare che anche in quei paesi, la religione divide, e non soltanto tra cristianesimo, ebraismo e islam. Ma anche tra islam sunnita o islam sciita. E dopo il primo periodo di accoglienza dovranno  incominciare i tempi dell'integrazione. A quel punto, la sfida importante sarà la conoscenza della nostra tradizione religiosa.
Ma importantissimo sarà tornare anche a  monte del problema. Ai luoghi di partenza di questi flussi migratori. A trovare interlocutori con la quale confrontarsi sul problema. E oggi non è proprio facile, basta pensare al problema libico, anche se attualmente non vi sono battaglie incorso, dove ci sono più fazioni politiche a contendersi la leadership del paese, dopo che per anni una persona ha fatto il bello e il cattivo tempo sulla partenza dei barconi dalle sue spiagge, e dopo avergli fatto una guerra, (e averlo abbattuto)  non si è fatto nulla per ricostruire un equilibrio . Grosso problema è la Siria, dove è in atto un conflitto militare. Dovranno mettersi d’accordo quegli stati internazionali,  che hanno interessi nel paese,  per trovare una soluzione comune. Per non arrivare a un futuro di divisioni incredibili tra il popolo  siriano fino a <ieri> unito e in pace, come  succede per esempio a Gaza, dice ancora la Scolari, residente a Gerusalemme per molto tempo,  dove ragazzi palestinesi  non sanno come si vive in Israele, che sta  a soli 30Km di distanza, e viceversa  a Tel Aviv non sanno come sono i palestinesi. (Questo dopo  la divisione nel 1948). L’unico paese che oggi  ha un rappresentante con cui si ha l’impressione di poter interloquire è l’Egitto. E poi c’è la Tunisia, che è stato il  primo Paese  a ritrovare la serenità interna.
A salutare e ringraziare i relatori al termine della conferenza, è arrivato il nuovo Vicario Episcopale per la zona VI don Michele Elli. 
Angela Vitanza.

{gallery}21023_scolari{/gallery}

Loading

Skip to content