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Un quartiere in Festa con i Santi Pietro e Paolo: “E’ Bello per noi stare qui”.

Sono arrivatI  in un momento “storico” quest’anno i festeggiamenti per i Santi Pietro e Paolo, a cui è dedicata la chiesa voluta da Luigi Volontè, il fondatore di questa frazione.

Il quartiere in quegli anni, quasi cento anni fa, si ingrandiva rapidamente, e lui pensò ci volesse anche una Chiesa, anche perché la parrocchia centrale di San Giuliano Martire, era piuttosto distante, sia per i fedeli da raggiungere che, di contro, per il prevosto di allora, don Carlo Linati, solo a gestire l’intera città.
Grazie al Cardinale Schuster si costruì dunque San Pietro e Paolo, la cui ricorrenza ( festiva fino al 1977) cade il 29 Giugno.
Ai giorni nostri sta accadendo l’inversione di ciò che è successo di fatto allora: L’unificazione delle parrocchie sotto una unica Comunità Pastorale che riunisce le sette parrocchie che sono diventate in questi novant’anni.
L’intera storia, con riflessione finale per i tempi attuali, è stata trascritta in una pergamena, letta ai fedeli presenti, e regalata domenica a un sacerdote che da Borgolombardo è transitato per undici anni, dal 1983 al 1994, don Antonio Sfondrini, ora cappellano al carcere di Bollate. In quel periodo cadeva il suo 25mo anniversario di ordinazione. I fedeli gli avevano regalato una casula rossa, e lui riconoscente, l’ha indossata per questa occasione, dove di anni di sacerdozio ne festeggia cinquanta. Mi sento “tornato a casa”, dice nei ringraziamenti.
I riti erano però iniziati proprio venerdì 29, con l’introduzione per la prima volta del rito del faro, ovvero il pallone che brucia, officiato dal prevosto della città don Luca Violoni, parroco anche di questa parrocchia, coadiuvato da don Maurizio Oriani, arrivato nel mese di novembre, dopo aver trascorso nove anni nello Zambia.
 

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Un quartiere in Festa con i Santi Pietro e Paolo: “E’ Bello per noi stare qui”.

VIDEO

Il sipario sulla festa, che ha avuto anche momenti di convivialità e giochi , è calato domenica sera, con un concerto di don Stefano Colombo che ha presentato l’ultima sua raccolta musicale: “Un po’ della nostra Fede”. Un altro gradito ritorno per i fedeli soprattutto della Parrocchia di Maria Ausiliatrice, dove don Stefano è stato parroco per circa dieci anni, abituandoli alla sua arte musicale, che gli ha dato grandi soddisfazioni e diversi premi.
Redazione RecSando Angela Vitanza –

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Storia della Chiesa di Borgolombardo – inviata da Silvia Lodigiani

Con il pane e il vino, abbiamo “offerto” una pergamena con questa breve storia della nostra comunità, che non è certo esaustiva, ma ci ricorda alcuni passaggi importanti del percorso fatto fino a oggi.

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La nostra parrocchia venne fondata contemporaneamente alla frazione di Borgolombardo. Il primo insediamento è avvenuto da parte di braccianti agrari provenienti dalle zone limitrofe (S. Angelo e Lodi) attratti dal lavoro presso le officine sorte a sud di Milano.
Nel 1924 il signor Luigi Volontè fu il pioniere del destino di questa frazione, che in pochi anni avrebbe acquistato un’importanza e uno sviluppo che nessuno avrebbe immaginato.
Il fondatore di Borgolombardo comprese che, senza una chiesa, non poteva prender vita un paese; così, con la prima pietra delle prime case, pose anche la prima pietra della nuova chiesa, che nel progetto originario sarebbe dovuta essere una cappelletta.
Ma i fedeli di Borgo si sentivano lontani dalla chiesa di S. Giuliano; d’altro canto il prevosto di s. Giuliano, don Carlo Linati, solo in una parrocchia tanto estesa, non riusciva ad assicurare la Santa Messa domenicale. Prima si fece ricorso a diversi sostituti religiosi, specialmente frati; in seguito venne mandato un delegato arcivescovile – don Marco Scandroglio – che si adoperò fattivamente per la costruzione della nuova chiesa, col contributo di 5 milioni di lire stanziato dal Cardinale Schuster. Da parte sua, il Signor Luigi Volontè voleva donare la facciata in memoria del figlio Libero, caduto in terra africana. Ma quando si arrivò ai primi venti metri di chiesa si stabilì di chiudere la costruzione con un muro provvisorio – del resto con 5 milioni non si potevano far miracoli!
Un giorno arrivò improvvisamente a Borgo il Cardinale Schuster, osservò la costruzione, s’interessò del progetto e diede ordine che la chiesa fosse completata con l’offerta di 12 milioni, insieme all’offerta popolare, che ogni 15 giorni rendeva circa 30.000 lire.
Il 1° novembre 1953 lo stesso Cardinale, al mattino presto, ritornava a Borgo per celebrare la S. Messa e amministrare la Cresima nella nuova chiesa.
Negli anni ‘60, in seguito al boom economico e alla fondazione di ENI e quindi di Metanopoli, si registra la prima grande ondata di immigrazione meridionale, continuata a ritmi alterni sino agli anni ‘90. In questi ultimi anni si riscontra una forte immigrazione proveniente da paesi europei ed extra europei. A livello religioso non si è assistito a una confluenza delle diverse tradizioni dei paesi di origine, né a una partecipazione reale alla vita della parrocchia, a cui ci si rivolge talvolta solo per richiedere i Sacramenti.
Eppure, essendo Borgo una frazione chiusa tra la via Emilia e la ferrovia, la parrocchia si è trovata spesso a dover far fronte nel corso degli anni alle varie necessità dei suoi abitanti.
Sin dai primi tempi in cui era parroco don Vincenzo, la parrocchia e l’oratorio sono stati l’unico centro di aggregazione, grazie anche alla presenza del cinema.
I parroci e i vicari che si sono via via succeduti – in alcuni periodi con l’aiuto di religiose, prima le suore Angeliche, poi le Ausiliarie diocesane – hanno sviluppato ambiti differenti sia a seconda delle loro peculiarità, sia in relazione alla situazione contingente.
Don Antonio, con la ristrutturazione della chiesa (a cui ha fatto seguito la Dedicazione nel 1986 col cardinal Martini) e la realizzazione dell’oratorio nella sua attuale collocazione, ha permesso una miglior vivibilità degli spazi parrocchiali, favorendo una maggiore partecipazione dei giovani e l’inizio della collaborazione con don Chino e le sue comunità.
Sono stati gli anni delle vacanze invernali a Premadio, ma anche delle esperienze più spirituali a Praglia e Novalesa; della presenza degli obiettori di coscienza in oratorio; della nascita del coretto e del gruppo missionario; delle proposte di percorsi di formazione per gli adolescenti (con don Renato), per i giovani e gli adulti.
Nel dicembre del 1992 abbiamo anche festeggiato l’ordinazione sacerdotale di padre Fabrizio.
Nell’estate del 1994 abbiamo guardato i Mondiali di calcio in auditorium insieme a don Fidelmo. La sua grande passione per la liturgia ha portato su questo altare tanti bambini – soprattutto bambine – desiderosi di fare i chierichetti e alla formazione del gruppo liturgico.
Sono stati anni di grande affluenza all’oratorio feriale, di vacanze in montagna per bambini e ragazzi, di pomeriggi di doposcuola e di un tentativo di costituzione del gruppo Caritas; sono nati i gruppi famiglia ed è stato eletto il primo Consiglio Pastorale Parrocchiale.
Con don Marco abbiamo vissuto i primi momenti di apertura alla città attraverso le prime iniziative interparrocchiali e con la collaborazione con la parrocchia di Maria Ausiliatrice. Insieme all’importanza dei momenti di condivisione e socializzazione, don Marco ci ha trasmesso la passione per la Parola, secondo l’insegnamento del Cardinale Martini. Ma sono stati anche gli anni in cui ci è stato fatto il dono della presenza di preti stranieri: don Gijo dall’India, don Jean-Pierre e don Elie dal Congo.
E oggi? E domani? Quali sfide ci attendono come singoli e come parrocchia? Cosa possiamo fare perché sia – o torni a essere – un punto di riferimento per Borgolombardo, perché sappia dialogare con le diverse realtà e culture presenti sul territorio?
“È bello per noi stare qui” è il titolo che abbiamo dato alla nostra festa patronale, ma noi ci sentiamo parte di questa parrocchia? Vogliamo esserne parte? Vogliamo iniziare – o continuare- a prenderci a cuore la vita della nostra parrocchia?
Serve riflettere, serve operare, serve pregare, serve esserci, ciascuno per come può.

Allora vogliamo fare un piccolo gesto, tutti, grandi e piccoli: prima di uscire (o anche nei prossimi giorni, per chi oggi non c’è, facciamoci portavoce), mettiamo il nostro nome, la nostra firma, sul cartellone che troviamo davanti al portone centrale, su cui abbiamo raffigurato la nostra chiesa: sarà il nostro modo per dire che ci stiamo! che siamo parte di questa parrocchia! Ci sono tanti rettangolini, sarebbe bello che in tutti ci fosse un nome, addirittura che non bastassero! Riempiamo la nostra chiesa!Da qualche mese, con don Luca, don Maurizio e Annamaria, siamo entrati nel vivo del cammino verso l’unità pastorale con le altre parrocchie della città. Cosa significa questo per ciascuno di noi e per la nostra comunità?

 

 

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