La sua pena la racconta con le poesie Meta, recitando struggenti versetti. Una è dedicata proprio al violino, compagno di tutti i giorni :
"Rannicchiato nel nido della musica dove le ombre incoraggiano le ombre lì dentro ai confini di un castello grigio i violini nascono prigionieri per liberare la luce delle anime. Piangono suoni urlano rabbia chiamano la pace. Vibrano le emozioni. Nota per nota si accordano i sentimenti e le melodie di colori in definizione sbiadiscono l’oscurità. Suona suona amico mio e non fermarti mai per l’eternità"
Simone "Bitta" Tavola è attualmente affidato ai servizi sociali della comunità Exodus di don Mazzi. Racconta la sua storia parlando in terza persona. La storia di un ragazzo che brucia le tappe della vita per solitudine. Per l'assenza del ricco e facoltoso padre, che affida a tate e colf la sua educazione. Non accorgendosi di cosa stesse succedendo. Droga, spaccio, vita spericolata lo portano all'ospedale. Ma ancora niente, anzi, suo padre lo mette addirittura a capo della grande azienda a 18 anni. Porsche a 20 anni, indebitamento a tanti zeri. Fiducia mal gestita, al punto che manda il padre in prigione per bancarotta. Vita condotta sopra le righe lo portano in comunità. Poi l'ischemia cerebrale, le valvole cardiache, tre mesi di coma, il risveglio, la sedia a rotelle. L'abbandono definitivo del padre tradito. Tocca il fondo. Scoppia la voglia di ricominciare. Risale. Una caparbietà impensabile. Raggiungere la meta e superarla: ricominciare a camminare, addirittura fare sport. Entra in comunità per guarire. Ma le tentazioni sono in agguato. Una rapina gli costa il carcere. E sta ancora scontando la pena. Ma….il suo cervello lavora tanto, incomincia a utilizzare le doti positive che ha. Le capacità di vendere. A tal punto che scala, nelle possibilità di lavoro che offre il carcere come i call-center (lo sapevate che nel carcere di Bollate c'è un call center di importanti società energetiche? ndr) tante posizioni da team-leader, e oggi può permettersi di scegliere per quale azienda lavorare.
Ci sono poi le toccanti testimonianze di don Antonio. Vite spezzate, vite " non vissute" nel ristretto spazio di una cella. Vite vissute con la riscoperta di una fede messa da parte. Storie brutte, come leggerle sui giornali, con la differenza che hanno sempre un finale. Una parola di conforto e di Misericordia di don Antonio. "Grazie al carcere ho scoperto Dio", gli ha detto un detenuto..