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Strisce Blu, tanti dubbi, poche certezze

STRISCE BLU, TANTI DUBBI, POCHE CERTEZZE
Dal 2 Aprile 2019 a San Donato Milanese è entrato in vigore il nuovo piano sosta che prevede l’utilizzo di aree di parcheggio a pagamento riducendo drasticamente le aree libere o a disco orario che prima caratterizzavano il territorio. Tra i sostenitori e gli oppositori non c’è dialogo e le uniche informazioni ai cittadini arrivano scaglionate e faziose, per questo motivo è necessario provare a fare un po’ di chiarezza sui principali dubbi che lo caratterizzano.

Come inizia la vicenda
Tutto è iniziato anni fa ma è stato intorno al 2015 che il malumore, riguardo alla situazione dei parcheggi sandonatesi si aggravò. Nell’occhio del ciclone, in particolare, c’erano l’area della Metropolitana e quella dell’Ospedale, in cui la situazione sembrava veramente insostenibile. Ma anche nel resto della città non si scherzava: tante multe, pochi posti auto e tanti pass rilasciati ai residenti. Tra i tanti colpevoli additati c’erano soprattutto gli affittuari dei box, ovvero coloro che affittavano il loro box per poi parcheggiare in strada usufruendo dei pass residenti, occupando posti che altrimenti sarebbero stati per altri. Quanti di queste persone ci fossero (è importante ribadire che comunque non facessero nulla di illegale né di immorale) non è chiaro, ma è difficile pensare che ce ne fossero abbastanza da causare un reale problema. Così, nel 2016, il Comune varò un piano sosta particolareggiato per provare a risolvere il problema, trovando, anche in questo caso, sostenitori e detrattori. I problemi continuarono, e per questo nel 2019 ecco il nuovo Piano Sosta, conosciuto anche come strisce blu. L’ambiente è entrato nel progetto solo all’ultimo in questa storia, e si potrebbe dire che lo ha fatto un po’ di sbieco, di traverso, quasi come una conseguenza positiva più che il reale problema da risolvere. Ad oggi, la mancanza di altri provvedimenti seri sull’ambiente fa quasi pensare che sia stata più usata come giustificazione politica. Il che non è comunque un male, a che ne dicano i detrattori del progetto, prendere due piccioni con una fava è sempre un merito, non un disonore, anche se qui, cambiando metafora, sembra che si dica gatto senza averlo ancora nel sacco.

Il piano sosta era nel programma elettorale di Checchi?
Questa è una domanda che si sono posti in molti elettori del sindaco. La risposta è sì, c’era, anche se non era molto chiaro. Nel 2017, in vista delle nuove elezioni comunali, il sindaco uscente Checchi, poi vincitore al ballottaggio, si ricandidò con un programma di 31 pagine. Di queste, la possibilità di installare parcheggi a pagamento è presente con una sola frase nel “capitolo” sulla mobilità cittadina: “Inserire stalli di sosta a pagamento in alcune zone di particolare affluenza della città, dando la possibilità di parcheggio senza limiti di orario per i residenti tramite il pass sosta”. Bisogna però aggiungere che il piano sosta nella sua interezza, non solo i parcheggi a pagamento, per com’è stato concepito e realizzato, può essere considerato come l’insieme delle promesse fatte sotto la voce e “curare e valorizzare l’ambiente” e “spostarsi meglio e bene”. Questo dimostra che l’attuazione delle tante odiate strisce blu era comunque nascosto tra le righe del programma elettorale già quasi 2 anni fa, sebbene fosse poco chiaro e molto indorato.

Il Piano Sosta dal punto di vista delle Zone a Traffico Limitato
Per come è stato pensato e progettato, questo piano sosta è molto più simile a una Zona a Traffico Limitato (ZTL) mischiata a una ecotassa che a un vero e proprio piano sosta. Per prima cosa, i parcheggi a pagamento sono concentrati principalmente al centro della città in orari lavorativi. In più le aree di sosta non sembrano essere distribuite come dovrebbero. Se è vero che in tutta San Donato ci siano tanti parcheggi liberi come a pagamento, la legge afferma che le aree di parcheggio a pagamento, delimitate dalle cosiddette “strisce blu” devono essere alternate o immediatamente vicine ad altrettante adeguate aree destinate a parcheggio “senza custodia o senza dispositivi di controllo di durata della sosta”. Ciò significa che se gli enti locali non adempiono all’obbligo di garantire una distribuzione “equa” dei parcheggi gratis e a pagamento (fatta eccezione per le aree pedonali, le zone a traffico limitato o dichiarate, con apposita delibera, di particolare rilevanza urbanistica), qualsiasi contravvenzione, elevata per il mancato pagamento (e la relativa esposizione) del ticket attestante il versamento delle somme dovute per la sosta, è illegittima. Il nodo della questione ruota tutto attorno a quanto distanti debbano essere i parcheggi liberi da quelli a pagamento. A San Donato, in alcune aree, la distanza dal primo parcheggio libero è anche abbastanza elevata e spesso non ben proporzionata. Questo, anche se legale e legittimo, rafforza la percezione di che quella realmente creata sia più simile a una ztl con ecotassa che non colpisce chi passa dalla città senza sostarci, ma chi ci vive.

Il Piano Sosta aiuta veramente l’ambiente?
Non è certo, ma si spera non peggiori la situazione. Che possa abbassare i livelli d’inquinamento è chiaro, ma è stata calcolata una soglia significativa per cui dire: ok, ha funzionato? Esiste una soglia obiettivo? Oppure se si abbassa di poco, pur rimanendo nocivo e pericoloso, sarà considerato una vittoria? La mancanza di dati ufficiali al riguardo lascia un po’ di confusione sulla materia permettendo a tutti di dire la loro. Infatti, abbassare i livelli d’inquinamento non significa semplicemente ridurre i valori, ma portare l’inquinamento a un livello non nocivo, o comunque poco nocivo. Qual è il valore obiettivo se il piano sosta è veramente stato creato per motivi ambientali?
Secondo la giunta esistono delle proiezioni che mostrerebbero questo miglioramento per l’ambiente, non è chiaro quanto, ma in assenza di prove contrarie bisogna fidarsi. La domanda a questo punto diventa: c’era una scelta migliore da fare? Come è noto, l’inquinamento sandonatese arriva principalmente dal traffico della di via Emilia, Paullese e Tangenziali, e di chi attraversa la città per spostarsi da una di queste strade all’altra. Un passaggio appunto, non una sosta. Forse sì, forse l’istituzione di un’ecotassa vera e propria, magari aggregata all’area B di Milano, con una particolare attenzione all’implemento di mezzi pubblici e del car sharing (Enjoy) sarebbe stato più efficace contro questo tipo di inquinamento. Un Enjoy più fruibile sul territorio, e non solo in determinati punti del territorio, e mezzi più piccoli ma più costanti e, ovviamente, a impatto zero, avrebbero forse diminuito il traffico di passaggio e l’utilizzo delle automobili. Purtroppo, coi se e coi ma la storia non si fa e quindi non resta che aspettare un anno per poter così confrontare i dati sulla qualità dell’aria prima e dopo le strisce blu. Qualora non lo fosse però, e la cosa è possibile perché le previsioni non sempre sono efficaci, anzi, spesso sbagliano, bisogna chiedersi se sarebbe ancora possibile un passo indietro per cercare una soluzione diversa dopo che si è siglato un accordo di 7 anni con il gestore SIS. E, in caso, quanto costerebbe alla comunità un passo indietro?

Il piano sosta e i mezzi pubblici
Londra ha da poco inaugurato la sua nuova ZTL, progettata per ridurre drasticamente l’inquinamento della città che più di tutte in Europa produce smog. Lo scorso anno, infatti, la sola centralissima Oxford Street aveva sforato il limite annuale di emissioni già a gennaio. La soluzione? Una eco tassa chiamata Ultra Low Emission Zone, ovvero più inquini più paghi. Prima di farla entrare in vigore, però, sono state potenziate le principali linee metropolitane e linee degli autobus, molte linee delle quali erano già state rese a impatto zero prima dell’avvio delle limitazioni ambientali. Certo, Londra è una capitale mondiale, ma il piano sosta sandonatese è stato avviato senza prima attuare delle modifiche sostanziali alla mobilità. E qui una domanda è d’obbligo: il sistema dei bus sandonatesi è utilizzabile dai cittadini per la vita quotidiana? In realtà la risposta a questa domanda è abbastanza semplice: no. Non servono particolari studi per capirlo, le linee che coprono la città sono inadatte agli spostamenti più basilari a meno che non si voglia andare dall’ospedale alla metropolitana e viceversa. I collegamenti sono principalmente tra palazzi uffici dell’Eni e raggiungere un supermercato da casa è quantomai difficile in bus senza impiegarci un tempo molto lungo. Anche i parchi sono mal collegati e andare a prendere i figli a scuola senza perdere diverse ore usando solo i mezzi pubblici è quasi un sogno. E perfino fare un biglietto alle volte risulta molto complicato in molte zone della città. Poste, supermercati, scuole e negozi non sono ben collegati tra loro ed è importante ricordare che il Piano Sosta non sarà attivo solo l’estate, ma anche l’inverno, quando la bicicletta non è un mezzo per tutti e andare a piedi non è altrettanto semplice quando si deve affrontare freddo e/o pioggia. Insomma, non sarebbe stato il caso di potenziare prima il sistema dei mezzi pubblici se l’intento è quello di cambiare le abitudini dei sandonatesi? Anche qui gli studi parlano chiaro, per far cambiare abitudini alle persone, che siano queste abitudini alimentari, di vita o mobilità, la cosa più importante è dare un’alternativa e insegnare praticamente. Il divieto di qualcosa senza alternative non è mai considerato un modo valido e, soprattutto, duraturo per far cambiare le abitudini.

Usare di più la bicicletta
Una delle alternative alla macchina più volte proposte dall’amministrazione è la bicicletta. La volontà di incentivare l’uso della bicicletta a San Donato, per una mobilità più sana, è anche presente nel programma. La bicicletta è sicuramente un mezzo magnifico e l’Organizzazione Mondiale della Sanità, attraverso molti studi di prestigiose università in tutto il mondo, ha dimostrato che mezz’ora di bicicletta il giorno sia un vero toccasana da ogni punto di vista. Non importa nemmeno se si pedala in una zona inquinata in quanto i benefici dello sport superano i fattori negativi dati dallo smog. Certo, sarebbe sempre meglio pedalare in montagna, ma si può sempre fare di necessità virtù. Il problema, in questo caso, è che quando si parla di incentivare la mobilità si parla di creare infrastrutture e servizi. Il Comune è comunque un ente pubblico e il suo compito, non è solo quello di suggerire alternative, per quanto buone, ma di produrre infrastrutture, servizi e agevolazioni affinché il cittadino possa scegliere cosa crede sia meglio per lui e per gli altri. In questo caso, però, il nuovo sistema di parcheggi a pagamento, spesso descritto come un incentivo all’uso della bicicletta, tale non può definirsi. Non è stata infatti prodotta nessuna significativa miglioria al sistema ciclabile. Niente. Ad oggi, la stazione delle biciclette non è un luogo sicuro dove lasciare la bicicletta visto l’alto numero di furti; le rastrelliere per tutta la città scarseggiano e le piste ciclabili latitano. Come si può pensare di chiedere ai cittadini di usare di più la bicicletta senza aumentare il numero di rastrelliere? Se questo Piano Sosta dovesse portare veramente a un incentivo dell’uso della bicicletta, è possibile ipotizzare centinaia di ciclisti in più ogni giorno in giro per San Donato. Quindi, oltre alle rastrelliere, servono strade sicure, adatte, ben illuminate, poco trafficate oltre che semplici rastrelliere. Serve anche la sicurezza di ritrovare la bici quando la si lascia da qualche parte. Chi ha la fortuna di essere stato ad Amsterdam si sarà reso conto che una viabilità di sole bici non è assolutamente di facile gestione e necessita di infrastrutture, cartelli e attraversamenti che rendano sicuri i ciclisti quanto i pedoni. Eppure, nulla di tutto ciò pare essere stato attutato a San Donato.

Redazione RecSando – Dario Jovane

 


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