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Scioperi nella scuola

Un DDl pesante, spiazzante, innovatore quello della Buona Scuola presentato il 27 marzo 2015 che cambierà la fisionomia della scuola come l’abbiamo vista fino ad oggi. Assunzioni e stabilizzazione di 100.000 precari entro il 2016 e nuova formazione dei docenti, nascita della figura del Preside-Manager con grandi poteri discrezionali incaricato di scegliere il proprio team di insegnanti sulla base di merito e riconoscimento personali. introduzione del curriculum dello studente per lasciare spazio alle scelte individuali degli studenti circa le materie da seguire al trienno. Introduzione di agevolazioni per scuole paritarie insieme al 5×1000 e School Bonus per una nuova gestione delle risorse finanziarie mirata ad una maggior qualità del sistemia scolastico. Inoltre si profila anche un grande impegno nell’organizzare l’alternanza Scuola-Lavoro al triennio sia negli istituti tecnici e professionali che nei Licei. Questi i temi più caldi, più discussi che hanno diviso l’opinione pubblica italiana da nord a sud e il corpo docenti stesso tra coloro che manifestavano nelle piazze e coloro che invece sono rimasti in classe.

Ma come è stato vissuto tutto questo nella nostra città?
Quali le opinioni e i pareri dei professori che vivono o che lavorano a San Donato Milanese?

Le voci e le opinioni su tutto questo sono molte, alle volte discordanti, alle volte intrecciate ma tutte collegate da un lungo filo di fondo che trova vicini scioperanti e non: la scuola necessita di una riforma. L’Opinione del professore Guido Franza, docente di storia e filosofia, che il 5 maggio ha svolto regolarmente il suo lavoro è: “Il disegno di legge sulla scuola mi trova d’accordo per quanto riguarda l’ampliamento dei poteri del preside e l’allargamento delle autonomie scolastiche. Non credo che il problema economico di cui si è tanto parlato sia un vero problema e mi piace anche pensare che possa essere positivamente stimolante una assetto di scuole in competizione”. In particolare sottolinea come “la scuola ha una funzione pubblica ma può essere svolta da un privato”. Una linea un po’ diversa quella della professoressa Giuliana Casari, docente di matematica e fisica, anche lei regolarmente sul posto di lavoro:

“Ci tengo a dire che non sono contraria a una riforma, anzi, la ritengo necessaria e urgente, soprattutto per uniformare il nostro modello di istruzione a quello europeo. Credo però che uno sciopero fosse prematuro visto che siamo ancora al disegno di legge che va poi discusso e limato nelle sue parti più importanti a causa delle numerose incomprensioni ancora presenti”. Simile il pensiero anche di Tiziana Brambilla, docente di matematica e fisica: “Non ritengo lo sciopero una modalità valida perché sembra affermare che si è contrari al disegno di legge. Al di là della politica e invece sotto gli occhi di tutti che un cambiamento è necessario. Non c’è ancora un testo chiaro su cui protestare con una modalità così imponente come uno sciopero nazionale. Quello di cui c’è bisogno è sedersi attorno a un tavolo e discutere bene i punti di questa riforma stando attenti a non creare un dislivello tra scuole statali e scuole private. Avere un preside con questi poteri che possa controllare il lavoro dei docenti e indirizzarlo serve, non lo vedo come una figura negativa basta che non diventi un preside dittatore ma sia una guida. Bisogna riuscire a formare un sistema completo e di collaborazione che parta proprio da un preside e discenda fino agli studenti passando dal corpo docenti e dalle famiglie. Bisogna stare attenti a non creare scuole di serie A e serie B ma la strada è quella giusta.”

Maria Grazia Gaffurini, docente di Geografia, è invece tra gli insegnanti che hanno aderito allo sciopero e motiva la sua scelta mostrando perplessità diverse: “Uno dei problemi principali è lo strapotere che verrebbe attribuito ai presidi e che in molti casi nemmeno loro vogliono. Pensate ai presidi del Sud Italia che potrebbero trovarsi a gestire grossi fondi di denaro pubblico e, allo stesso tempo, subire forti pressioni da parte di organizzazioni mafiose. Oppure basti pensare al semplice clientelarismo che si può generare da una scelta così. Bisogna stare attenti perché questa riforma che tocca i presidi ha molti lati positivi ma può essere un’arma a doppio taglio molto pericolosa in un paese come l’Italia. L’altro punto che non convince è quello sui meccanismi di assunzione che invalidano anni di esperienza e lavoro da parte di docenti non di ruolo che si troverebbero a dover ricominciare da capo, come se i lunghi anni di esperienza non contassero nulla. Il problema è che i sindacati si sono mossi tardi per quanto mi riguarda. Bisognava fare qualcosa prima, da quanti anni si sente dire che la scuola ha problemi? La scuola sta perdendo il suo ruolo sociale e questo accadeva già prima della riforma.

Ora si rischia di creare scuole di serie A e scuole di serie B, di perdere totalmente il contatto con la realtà, trattando i docenti come lavoratori di secondo piano. Ma insegnare non è facile e nessuno insegna a farlo, l’esperienza è ciò che fa la differenza e la riforma non tiene conto di questo.

Quello che intendo è che la buona scuola la fanno gli insegnanti non solo le regole. Non si può trascurare il lato umano. Devono essere i docenti a lavorare con deontologia e capacità per essere un esempio morale e non solo didattico per gli studenti”. Un parere simile lo porta R. Z., docente di matematica e fisica: “Andava dato un segnale forte anche se non sono contraria alla riforma, il problema è che ci sono cose che sono trattate con leggerezza. Ad esempio non mi convince lo strapotere dei presidi che possono assumere a propria discrezione. Nella pubblica amministrazione bisogna accedere per concorso. In più c’è il problema dei precari, che sono anni che fanno esperienza e provano entrare in graduatoria e ora, che magari sono a un passo dal diventare di ruolo, dall’uscire dal precariato, si vedono invalidare tutto e rischiano di rimanere precari a vita. Questo non è giusto né corretto. In più questo decreto è poco chiaro su molti punti, ad esempio sul ruolo che avrebbe il collegio docenti in un sistema scolastico in cui vengono dati pieni poteri al preside. Il collegio docenti è un organo fondamentale all’interno della scuola e arginarlo potrebbe essere un errore. In sostanza che la scuola vada riformata è chiaro, ma non così!” Sciopero o meno sembra chiaro che tutti i docenti che siamo riusciti a raggiungere pensano che una riforma della scuola sia necessaria, che la strada sia quella giusta ma che bisognerebbe sedersi a un tavolo e discutere seriamente di istruzione con chi a scuola ci entra tutti i giorni.

Non resta che aspettare e sperare che queste voci vengano ascoltate anche da chi sta più in alto perché non bisogna mai dimenticare che un governo o un parlamento lavorano per costruire un futuro migliore al paese e cosa, più dei ragazzi e degli studenti, rappresenta questo futuro? L’argomento è quindi molto delicato e di grande interesse, ora non resta che sperare che non venga trattato anch’esso col metodo Italicum, del voto del si o del no, ma con un sano e costruttivo dibattito.

Dario Jovane
Gabriela De Marzo

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