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Peschiera Borromeo intitola due vie a due donne vittime della mafia

Durante il Consiglio Comunale del 31 maggio, i ragazzi delle classi terze delle scuole secondarie De Andrè e Montalcini, hanno presentato il percorso intrapreso durante l’anno scolastico 2016/2017 “Toponomastica della memoria” e che ha portato alla proposta di intitolazione di due vie cittadine a due vittime innocenti della mafia. Il progetto ha portato gli studenti alla scelta, e alla conseguente proposta all’Amministrazione, dei nomi di due giovani donne morte per mano mafiosa, Annalisa Durante e Lea Garofalo. I ragazzi sono stati accompagnati durante questo percorso di approfondimento e conoscenza, dall’Associazione Libera e dai referenti scolastici del progetto.

Il referente di Libera Presidio Sud Est Milano spiega: “Libera condivide profondamente la scelta dell’Amministrazione di intitolare due vie a due vittime innocenti di mafia. Questa scelta ha un duplice significato di importanza straordinaria.  A pochi giorni dal venticinquesimo anniversario della strage di Capaci, scegliere di fare memoria di due vittime innocenti di mafia significa mandare un invito preciso alla cittadinanza all’impegno nel contrasto a tutte le mafie rispetto alle quali, anche nel nostro territorio, è importante non abbassare mai la guardia. Altrettanto importante è stato il coinvolgimento delle scuole nella scelta delle vittime, che ha permesso ai ragazzi di approfondire le storie rendendoli partecipi attivi in questo percorso di memoria che speriamo graffi anche le coscienze degli adulti.
Crediamo sia un’ottima partenza per un lavoro di toponomastica della memoria che cercheremo di estendere su tutto il territorio in cui lavoriamo dove troveremo amministrazioni sensibili al tema”.
Il Consigliere con delega alla Legalità Danilo Perotti dichiara: “Il progetto “Toponomastica della Memoria” si inserisce in un percorso di legalità e di lotta alle mafie, che la nostra Amministrazione ritiene di fondamentale importanza: il rispetto delle regole, il valore degli altri, il senso etico, la nonviolenza, il coraggio e la memoria sono elementi imprescindibili per una città che voglia mettere davvero al centro il bene comune.
Con Libera e gli Istituti Scolastici di Peschiera, stiamo portando avanti un lavoro continuo di educazione alla legalità, che confermiamo nel Piano di Diritto allo Studio del prossimo anno scolastico e dei successivi.
Il coinvolgimento delle nuove generazioni è per noi fondamentale: sono i giovani che spesso, attraverso il loro straordinario entusiasmo e la loro pura semplicità, riescono a stimolare anche negli adulti riflessioni profonde e soprattutto sono i giovani che possono garantire alla nostra città la speranza di un futuro migliore”.

I profili delle vittime:
1. ANNALISA DURANTE (19 febbraio 1990 – Napoli, 27 marzo 2004)
Annalisa Durante venne uccisa a 14 anni nel quartiere Forcella, a Napoli. Era il 27 marzo del 2004. Annalisa, che era in compagnia di alcune cugine e stava chiacchierando sotto il portone di casa, rimase vittima inconsapevole di uno scontro a fuoco tra diverse fazioni della camorra. I killer miravano al boss Salvatore Giuliano, 20 anni. Il giovane camorrista si fece scudo con il corpo della ragazza. Annalisa, raggiunta al capo, cadde in una pozza di sangue tra le urla delle cugine. Inutile la corsa all’ospedale più vicino, l’Ascalesi. Il nosocomio non era attrezzato per questo tipo di assistenza e la ragazza, ormai in coma irreversibile, venne trasportata al Loreto Mare. Qui i sanitari non poterono fare altro che constatarne il decesso. I genitori autorizzarono l’espianto degli organi. Salvatore Giuliano venne arrestato dopo un blitz interforze, mentre si nascondeva nell’appartamento di un parente a Pomigliano d’Arco. Fin dall’inizio il ragazzo negò di aver sparato e colpito Annalisa e di essersi fatto scudo con il corpo della ragazza. Ma l’autopsia e i controlli sulla pistola di Giuliano, nonché la ricostruzione dell’intera scena, hanno dimostrato che il proiettile che ha ucciso l’adolescente è stato esploso proprio dal camorrista per rispondere al fuoco dei suoi rivali. Per questo omicidio Salvatore Giuliano è stato condannato a 24 anni di carcere.

2. LEA GAROFALO (Petilia Policastro, 24 aprile 1974 – Milano, 24 novembre 2009)
Lea Garofalo nacque a Petilia Policastro (KR) nel 1974. Nel 2002 entrò nel programma di protezione perché aveva deciso di diventare una testimone di giustizia, raccontando delle faide tra la sua famiglia e quella del suo ex compagno, Carlo Cosco. Basandosi sulle rivelazioni di Lea Garofalo, il 7 maggio 1996 le forze dell’ordine effettuarono un blitz in via Montello a Milano, arrestando anche Floriano Garofalo, fratello di Lea, boss di Petilia, che fu poi assassinato in un agguato nella frazione Pagliarelle di Petilia Policastro l’8 giugno 2005. Lea attribuì la colpa dell’omicidio al cognato Giuseppe detto Smith e all’ex convivente Carlo Cosco. Dopo alterne vicende legate al programma di protezione, nell’aprile del 2009 Lea decise di rinunciare a ogni tutela e di tornare a Petilia Policastro, per poi trasferirsi di nuovo a Campobasso in una casa che le aveva trovato proprio l’ex compagno Carlo Cosco. Il 5 maggio del 2009 la donna riuscì a sfuggire ad un agguato. Nel mese di novembre si sarebbe dovuta recare a Firenze per depositare la sua testimonianza in un processo. In quella occasione avrebbe potuto svelare situazioni nelle quali il suo ex compagno era direttamente coinvolto. Proprio nel mese di novembre del 2009 Cosco decise di portare a compimento il suo piano. Così il 24 novembre attirò l’ex compagna in via Montello con la scusa di parlare del futuro della loro figlia Denise. Alcune telecamere inquadrarono madre e figlia nelle ore del pomeriggio lungo i viali che costeggiano il cimitero Monumentale: sono gli ultimi fotogrammi prima della scomparsa definitiva di Lea Garofalo, uccisa a 35 anni. La donna fu rapita e consegnata a Vito e Giuseppe Cosco, i quali la torturarono per ore per farla parlare e poi la uccisero. Il corpo venne portato in un terreno nella frazione di San Fruttuoso (Monza) dove venne bruciato in un barile d’acciaio. Il 30 marzo 2012 il processo si è concluso con la condanna di tutti i sei imputati e il riconoscimento delle accuse di sequestro di persona, omicidio e distruzione di cadavere, ma non dell’aggravante mafiosa: i giudici hanno condannato all’ergastolo con isolamento diurno per due anni Carlo Cosco e suo fratello Vito, all’ergastolo e a un anno di isolamento Giuseppe Cosco, Rosario Curcio, Massimo Sabatino e Carmine Venturino, ex fidanzato di Denise. Il 28 maggio 2013 la Corte d’Assise d’Appello di Milano ha confermato 4 dei 6 ergastoli inflitti in primo grado: per Carlo e Vito Cosco, Rosario Curcio e Massimo Sabatino. 25 anni di reclusione per Carmine Venturino e assoluzione per non aver commesso il fatto per Giuseppe Cosco.

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