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Padre 3 P “ U Parrinu” proclamato Beato, ovvero Padre Pino Puglisi.

Un evento che lascia tracce dentro, è difficile che si riesca a raccontare come altri a cui siamo solitamente abituati

Chiedo pertanto scusa, se più che un articolo, questo è il risultato di uno stato d’animo, prima – durante – dopo – l’evento.

A San Donato la settimana appena finita era dedicata alla legalità, la quarta di questa amministrazione guidata da Andrea Checchi. 

In questi anni ho avuto modo di seguire alcuni incontri organizzati da e per le scuole, con la presenza di personaggi che della legalità ne hanno fatto uno “status vivendi” come giudici e forze dell’ordine, oppure persone legate ad altre persone vittime di mafia, come Maria Falcone –sorella di Giovanni- o Nando Dalla Chiesa – figlio del Generale Carlo Alberto – e Dario Meini, nipote del Giudice Antonino Caponnetto.
Due anni fa, al personaggio che si è ricordato mercoledì 25 Maggio, giorno della sua Beatificazione,  è stato dedicato un parco, quello del Laghetto di via Europa. La persona di cui scrivo, è Padre Pino Puglisi o 3P. Prete palermitano, ucciso dalla mafia il 15 settembre 1993, giorno del suo 56° compleanno. In pratica un Santo vissuto nel nostro tempo. Forse è per questa particolarità che vinta la pigrizia per l’uscita serale, ho raggiunto l’Auditorium della scuola Maria Ausiliatrice, dove c’era in programma “ U Parrinu” –ovvero il prete in siciliano-.

A portare sul palco la sua vita, Christian di Domenico, che Padre Puglisi lo ha frequentato per un periodo della sua vita, a causa dell’amicizia che legava sua madre a 3P.
E’ stata un’iniziativa voluta dal Sindaco Checchi, che assistendo alla rappresentazione nello scorso dicembre in un teatro di Milano, ha ritenuto che fosse proprio l’evento giusto da proporre in questa serata. E la sala piena, anche di ragazzi dopo che tanti altri ragazzi vi avevano assistito in mattinata, alla presenza anche del prefetto di Milano, gli ha dato ragione.

Averlo conosciuto bene, è stata la molla che gli ha dato la forza di raccontarne la vita su un palco, (o comunque dove lo invitano ci dirà alla fine).La prima volta che lo ha messo in scena è stato il 22 maggio 2013 a Brancaccio, proprio nella chiesa di San Gaetano, dove Padre Puglisi ha trascorso i suoi ultimi anni, ci rivela Christian prima di spegnere le luci in sala.

E’ una rappresentazione forte quella a cui abbiamo assistito, che Di Domenico per alleggerire la tensione spezza con  urli calcistici, notizie sportive, canzoni un po’ riviste, descrizioni vignettistiche di 3P possibilmente in dialetto siciliano. Forte perché le storie che racconta sono due: la propria e quella del martire di mafia palermitano. La propria è scandita dalla delicata vita familiare, con le crisi coniugali dei genitori, (al plurale perché si lasciavano e si ritrovavano). Come conseguenza, la “spedizione” in Sicilia insieme al  fratello Ivan , nella realtà comunitaria proprio di padre Puglisi. Qui l’incontro con i propri coetanei siciliani, immersi in una realtà completamente diversa dalla propria. In un contesto dove la presenza mafiosa era piuttosto evidente. Dove  sentire parlare  di perdono e richieste di scuse era impensabile! Ma don Pino, con la sua dolcezza ci riusciva. E stranamente in  quel paese si era creato un clima più tranquillo, e i “ragazzotti” avevano incominciato a parlare con i due “settentrionali”, anche se…dopo la prova superata del tuffo al mare dall’alto di un roccione.

Ma poi… qualche anno dopo le “vacanze” in Sicilia, arriva l’episodio che cambia il corso della sua vita nel rapporto con don Pino. Christian lo racconta con tono quasi  normale, ma l’aria che si è respirata in quel frangente era greve. A me è mancata per un attimo: In una vacanza estiva con i compagni, una sera subì molestie da un prete pedofilo.  Lo scambio di visite familiari con don Pino continuavano, ma lui non volle più parlargli. L’ultima volta che gli rivolse la parola, alla richiesta del don di chiedere scusa a sua madre, gli urlò , che “doveva essere lui a chiedere scusa….( in quanto?) PRETE.”

Da allora in poi, ma senza farlo sapere a nessuno, ha iniziato a seguire di nascosto la vita del piccolo prete dalle grandi orecchie,  che portava i “cavusi” ( pantaloni). Passo dopo passo, dal trasferimento al quartiere Brancaccio agli scontri con le famiglie mafiose, alla costruzione del Centro Padre Nostro per portare via i bambini dalla strada e dalla mafia.

Racconta le stragi di Capaci e di via D’Amelio. Racconta la preoccupazione che cresce in sua madre per la sua vita. Fino a quell’ultima sera. Un ritardo nella telefonata serale, una segreteria che scatta, la cornetta non sollevata al sentirne la voce che chiede “SCUSA PER IL RITARDO” ci sentiamo domani…..Un domani che non ci sarà più. Parole che non saranno più dette.  L’emozione fortissima in sala nel sentire quella registrazione, la sua voce, il suo “scusa”…sarà difficile da dimenticare.

Redazione RecSando Angela Vitanza

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