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Google car addio, gli “ovetti” a guida autonoma vanno in pensione

I veicoli sperimentali entreranno nella storia dell’auto per essere i primi veicoli disegnati da Google

mattia eccheli (nexta)

Sono modelli che passeranno alla storia, malgrado abbiano avuto un ciclo di vita brevissimo. Le meteore dell'automotive si chiamano Firefly, cioè il vero nome delle cosiddette Google cars, gli ovetti a elettrici a guida autonoma che hanno strappato qualche sorriso agli automobilisti e impressionato i costruttori.
Ad appena tre anni dal loro debutto, Waymo – la controllata di Alphabet alla quale è stato trasferito il business della guida autonoma – ha ufficializzato il loro ritiro. Le Firefly non verranno sostituite da altre macchina intelligenti prodotte “in casa” perché nel frattempo la società ha raggiunto un'intesa sia con FCA dopo che i suoi ingegneri avevano modificato e adattato anche alcuni modelli giapponesi.
La società ha messo a disposizione una flotta di Chrysler Pacifica, dopo che Google aveva impiegato una serie di Lexus RX450h (il primo e “storico” incidente provocato da una Google car ha coinvolto proprio il suv nipponico).

La sperimentazione continua così in versione ibrida e non più squisitamente elettrica e con modelli le cui dimensioni sono decisamente più vicine a quelle del mercato reale.
Waymo ha spiegato che l'obiettivo non era mai stata la produzione di massa delle Google cars, ma “solo” la messa a punto delle tecnologie per la guida autonoma, che dovrebbe poi essere il grande business del futuro. Da questo punto di vista, con la mostruosa mole di dati a disposizione di Waymo, attraverso Google, Waymo è potenzialmente molto più avanti di qualsiasi altra società almeno sul fronte della mappatura del territorio.

 

Il progetto delle auto senza pilota è stato lanciato nel 2009 e fino al 2016 i veicoli gestiti da Google prima e Waymo poi avevano totalizzato 2 milioni di miglia su strade pubbliche. Poi l'accelerazione: da dicembre dello scorso anno, con la fornitura delle monovolume di FCA (nel frattempo i modelli trasformati sono saliti a 500), nel giro di poco più di sei mesi si è aggiunto il terzo milione (oltre 4,8 milioni di chilometri complessivamente).

Gli ovetti elettrici di Google hanno rivelato al la grande platea degli automobilisti (e non) che un'altra mobilità è possibile: non solo senza emissioni, ma anche senza guidatore.
Nel frattempo, Waymo ha spostato l'attenzione pure sui veicoli industriali confermando l'esistenza di test per la guida pilotata. In questo caso, tuttavia, Mountain View è stata preceduta dalla start-up Otto, che aveva installato le tecnologie sufficienti per fa trasportare 50.000 lattine di birre ad uno specifico autoarticolato “scortato” dalla Polizia.
Delle Google cars non si rimpiangeranno né il comfort (due posti e praticamente nessuna comodità) né le prestazioni (40 km/h di velocità massima), ma trattandosi di auto pionieristiche si sono già guadagnate un posto nella storia. Forse non solo di quella dell'auto.

Fonte: La Stampa – Motori
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