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Giovanni Impastato, fratello di Peppino, a San Giuliano Milanese….

…Per un incontro proposto alle classi terze della scuola media E. Fermi, organizzato dal Centro Provinciale  Istruzione per Adulti di Rozzano  insieme a quello di San Giuliano, e coordinato dalla professoressa Cataldo, che all'Istituto Fermi di San Giuliano si occupa anche dell'alfabetizzazione degli stranieri. L'incontro ha avuto il  Patrocino del Comune di San Giuliano Milanese, per l'occasione rappresentato dall'Assessore Maria Morena Lucà, che nella breve introduzione, ha ricordato che a Peppino Impastato è intitolata una sala studio della Biblioteca Comunale di piazza della Vittoria.
 

  
Lunedì 27 Aprile, la preside dell'Istituto, professoressa Egle Cacciola,  ha presentato la testimonianza di Giovanni,  fratello di Giuseppe Impastato, vittima di mafia, ucciso il 9 maggio 1978, (lo stesso giorno in cui veniva ritrovato il corpo di Aldo Moro),  e ospite dell'Istituto Sangiulianese, per raccontare un tratto toccante della vita della sua famiglia. Non la solita storia di mafia. Ma la storia di una famiglia distrutta dagli ideali diversi di due dei suoi componenti:padre e figlio.   In mezzo la madre, donna dedita alla famiglia,  dalla parte del figlio, ma che rimane moglie fino alla fine del marito. E poi c'era lui, Giovanni, il figlio più piccolo. Penso sia stato neutrale, almeno fino a quel tragico 9 maggio…

 
Tragica  è la storia di questo ragazzo, raccontata dal Film “I cento passi”nel 2000. Era un ragazzo sensibile, attento ai bisogni dei sofferenti. Aspirava a ideali di Giustizia e Libertà. Sapere che suo padre, come altri parenti della famiglia facessero parte delle cosche mafiose della sua città, Cinisi, non lo fermò dall'iniziare una personale lotta alla mafia, usando i mezzi di comunicazione dell'epoca per denunciare i misfatti mafiosi: radio e volantinaggio….Questo gli costò l'allontanamento da casa, voluto dal padre, a cui la mafia “dava da vivere”.
Mentre la madre continuava ad assisterlo…
 
Racconta Giovanni della loro infanzia, di sentimenti, di rapporti umani, della famiglia. Ricordi teneri, tra fratelli, che provocano emozioni. Erano gli anni 60. Peppino aveva cinque anni di più. 
Si viveva con la mafia. Ma della mafia non si parlava. Secondo alcuni non esisteva. Ma c'era, eccome. E faceva soprusi, ai deboli, ai contadini. La famiglia Impastato viveva in una tenuta di un parente capo-cosca, e il capofamiglia era lui stesso un mafioso. I bambini crescevano a contatto con la natura: descrive il paesaggio, i giochi dell'infanzia, i gesti affettuosi. E in famiglia erano tutti mafiosi. Ciò voleva dire che stavano bene, vivevano agiatamente, spensierati, liberi di dar la caccia ad animaletti che i ragazzi in sala non hanno mai visto….lucertole,  rane,  cicale; liberi di veder le lucciole, quegli insetti luminosi che non si vedono più…(non si vedrebbero più ugualmente, oggi c'è l'inquinamento luminoso…).Ricorda che Pier Paolo Pasolini avrebbe scritto un articolo sul Corriere della Sera nel 1975  sulla scomparsa delle lucciole negli anni 60, quando, a suo parere, iniziò la scomparsa della civiltà contadina e l'inizio del degrado morale ed etico della società.
Ma lo zio mafioso viene ucciso. La vista dello scempio, dell'azione violenta fa scatenare in Peppino la repulsione per quello stile di vita. E inizia la sua lotta alla mafia, al padre. Che lo ripudia. Diventa testimone “scomodo” fotografando lo scempio frutto del potere mafioso, ed esponendone le foto in luoghi pubblici; fonda un giornale, l'Idea: aveva 17 anni.
Giovanni invita i ragazzi a seguirne le orme,  a sentirsi liberi di denunciare le ingiustizie, a fare ricerche e fotografie degli scempi di oggi..senza farsi distrarre da tutte quelle azioni che distolgono dai valori veri. Studenti che diventano protagonisti dell'incontro, iniziando a tempestarlo di domande.
La più toccante, quella che riguardava la figura del padre. Un padre che ripudia un figlio, ma che quando realizza che sarà ucciso, parte per gli Stati Uniti per incontrare il grande capo famiglia mafioso, Gaetano Badalamenti. Ma la causa non va a buon fine. Anzi. Il gesto viene ritenuto un tradimento. Verrà ucciso. Qualche mese prima del figlio. Malgrado la modalità dell'assassinio di Peppino lo facesse sembrare un incidente, la tenacia della ricerca della verità da parte degli amici e dei familiari, che non hanno mai creduto all'apparenza, portò a far riaprire il caso, e quattro anni dopo, avviene la condanna del mandante dell'assassinio: quel Gaetano Badalamenti, che Luigi Impastato aveva pregato di risparmiare il figlio.
 
La storia di Peppino Impastato è saputa e ripetuta in tanti scritti, giornali, internet, nel Film e molto altro. Ma ritengo che la testimonianza ascoltata dalla viva voce di un testimone oculare, ancora di più se familiare, sia molto più coinvolgente e commovente. Difficilmente oggi giovani ragazzi si interessano di questi argomenti. Ma avere ascoltato Giovanni Impastato dal vivo, è come se dentro di loro, almeno me lo auguro, si sia seminato un chicco di grano, che a suo tempo si spera porti molto frutto.
 
Redazione RecSando – Angela Vitanza – Foto Roberto Cremasco
 
 
 
 

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