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Oggi, domani, per sempre, NOI balliamo per Daniele Lillo Vazorni

Daniele, educatore, impegnato in tantissime attività sociali, ci ha lasciato. Tantissimi al suo funerale, veramente tanti a ricordarlo, in questo triste giorno di un caldissimo Luglio.
Con Lillo e con tutti i ragazzi e le ragazze di Etorotopia, noi di RecSando e di Bicipolitana Network abbiamo iniziato una collaborazione con l’obiettivo di aggregare e diffondere cultura.
Tante le iniziative fatte insieme, tantissime le occasioni che ci sono state per incontralo, ascoltarlo, conoscerlo.
Certamente non era un eroinomane, non siamo solo noi a sostenere questa tesi, tutti quelli che lo hanno conosciuto possono affermare senza ombra di dubbio che Lillo era pieno di vita, di energia, di voglia di fare. Un comportamento in anitesi con chi fa uso di droghe pesanti.
Se qualcuno volesse frettolosamente chiudere il caso, scriverebbe che Lillo è morto di overdose.
Chi lo ha visto senza vita, nel boschetto della droga, in quel posto infame e schifoso dove non c’è volonta politica per ripulirlo dagli spacciatori, ha visto uno strano Daniele, percosso, pieno di lividi con una siringa appoggiata a lui vicino, sul terreno.

Oggi non è stato un addio, siamo solo all’inzio di un percorso che grazie al sacrificio di Lillo, dovrà portare a soluzioni concrete che diano dignità a quel luogo e mettano la parola fine a chi , senza scrupoli ammazza in nome del business.
Durante la celebrazione, Simona La Monica, per tutti la Zia Simo, la compagna di Daniele ha voluto donarci, direi interpretarci con grande maestria, una poesia scritta da Lillo.

POESIA

Mi piacciono le virgole non i punti.
Non mi piacciono le parentesi, le parentesi hanno il brutto vizio di rinchiudere.
Le virgolette mi piacciono, le virgolette vogliono sempre spiegare.
Non mi piacciono i punti, li uso il meno possibile.
Se sono costretto però prediligo il punto a capo.
Questo particolare tipo di punto aiuta a ripartire
Se sono costretto uso il punto a capo.
Oggi è un giorno da punto.
Un giorno triste, un giorno che segna la fine di una frase o ancor peggio di un periodo.
Oggi è un giorno da punto a capo.
Un giorno triste ma che vuole ripartire.
Ed allora riparto, riparto da subito.
Il punto non torna indietro, non lascia spazio all’interpretazione, non è una virgola che si prende una pausa.
È un punto, lui non lascia niente in sospeso.
Non mi piacciono le parentesi, preferisco le virgolette.
Ma oggi è un giorno triste, non c’è ormai più nulla da spiegare.
Oggi è un giorno da parentesi, un giorno da parentesi graffe, le parentesi graffe in matematica contengono tutte le altre parentesi, le usi quando non resta più nulla da contenere.
E allora punto.
Punto a capo.
Parentesi tonda, quadra, graffa.
Stasera si va a ballare.
di Daniele Lillo Vazorni
 

A noi, non solo a noi, ne siamo sicuri, ha colpito nel profondo questa poesia, ma siamo sicuri che in egual misura ognuno di noi è rimasto colpito dalla predica del diacono Roberto Buzzi che riportiamo in forma integrale.
Ringraziamo Roberto Buzzi per la grandissima testimonianza, per essere riuscito con le sue parole a raccontare chi era veramente Daniele.
Lo ringraziamo per averci concesso di pubblicare qui su RecSandio in forma integrale le sue parole, siamo sicuri che possano essere di aiuto e utili a tutti coloro che, in nome di Lillo, vorranno “lottare” affinchè la sua morte non sia stata inutile, e non lo sarà.

PRIMA LETTURA
Prima lettera di san Paolo apostolo ai cristiani di Corinzio (1Cor 15, 20-26)
 
VANGELO
Lettura del Vangelo secondo Matteo (Mt 11, 25-30)
 
Voglio ringraziarvi di essere qui, in tanti, oggi, per questa Liturgia di saluto a Daniele.
Voglio ringraziarvi, perché la sofferenza davanti a questa assurda morte è tanta ed è meglio che in molti se ne porti il peso in modo che nessuno ne resti schiacciato.
Ogni parola che possiamo pronunciare in queste occasioni sembra inutile, e forse lo è realmente.
Forse sarebbe meglio restare in silenzio, magari in pianto e con un profondo dolore nel cuore.
Questo è ciò che umanamente ci viene spontaneo, se di spontaneità si può parlare in questi momenti.
Però tutto si ridurrebbe lì, in un pianto e in un dolore, più o meno lungo, più o meno carico di intensità.
Invece direi di fare riaffiorare i bei ricordi che molti tra noi hanno di Daniele.
La settimana scorsa la mia amica Giulia Cerboni, giornalista del Cittadino di Lodi, che ringrazio pubblicamente per gli articoli scritti su Daniele in questi giorni alla ricerca della verità su questa morte. Quando, dicevo, mi ha telefonato per chiedermi se il giovane trovato morto al boschetto di Rogoredo fosse il Daniele che le avevo presentato tempo fa per farle conoscere i progetti a cui lavorava, tra cui il murales sotto le case popolari, ma anche il progetto degli orti e la collaborazione con Caritas e altre associazioni per la distribuzione dei pacchi alimentari alle famiglie bisognose della città, subito ho risposto che non poteva essere lui. semplicemente perché, pur conoscendo Daniele da solo un anno e mezzo, l’ho subito apprezzato per la sua esuberanza, il suo entusiasmo, la sua voglia di vivere, la sua voglia di spendersi per gli altri.
Una persona così non usa sostanze stupefacenti, lo so bene perché ho lavorato 16 anni in una comunità terapeutica.
Poi però la telefonata a Sergio mi ha confermato che quel Daniele era proprio lui, ma questo non ha cambiato la mia opinione.
Daniele non era un drogato, a prescindere da quali saranno i risultati delle indagini della polizia.
Probabilmente si è trovato nel posto sbagliato, nel momento sbagliato, con le persone sbagliate.
Ma non è questo che voglio ricordare.
No! Voglio ricordare il sorriso a 32 denti che Daniele mi donava ogni volta che lo incontravo… del suo lavoro come operatore sociale con i bambini… con i disabili… con chiunque che in qualche modo gli esternasse un problema, un disagio.
Lui c’era! E per questo ci mancherà.

Permettetemi però, a questo punto, visto anche il luogo in cui ci troviamo, di spendere qualche parola sulle letture bibliche che abbiamo ascoltato.
So che molti di coloro che sono qui oggi, non sono credenti, ma, se lo volete, vi prego di ascoltare ugualmente ciò che dirò.
La lettera di San Paolo è un testo frequente nella celebrazione dei funerali perché parla della promessa di resurrezione che Gesù ha fatto, a tutti.
E’ uno dei temi fondanti la fede cristiana su cui teologi e personaggi molto più bravi di me hanno scritto fior di trattati, sia per sostenere che per negare questo tema. Quindi non mi addentro di più anche perché ci vorrebbe davvero tanto tempo per parlarne a fondo, voglio però sottolineare almeno l’ultima frase, il versetto 26 “L’ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte.”
Su questo punto tutti i teologi sono concordi nel dire che qui non si parla solo della morte fisica ma anche della morte spirituale e quindi della sconfitta del peccato, del male, non certo della condanna del peccatore, perché Gesù è venuto per la salvezza di tutti.
Vorrei però concentrarmi di più sul contenuto del Vangelo.
Qual è la logica di questo mondo, la logica dominante?
Riuscire… Vincere… Competere… Esaltare… Apparire… Produrre… Consumare…
Assecondando un’inclinazione interiore dell’essere umano, siamo portati, anzi oserei dire accompagnati e spinti, a lottare tutta la vita per riuscire: nello sport, a scuola, in ufficio, in politica.
Intorno a noi tutto sussurra “devi riuscire, puoi farcela, DEVI FARCELA!”, e così cominciamo a celebrare ed esaltare le persone vincenti, magari con una punta di invidia.
Ci commuoviamo vedendo un figlio delle favelas brasiliane diventare un campione del mondo, dimenticando però gli altri 14 milioni di niños che in Brasile saranno sempre e solo carne da macello per la delinquenza.
Creiamo incomprensibili indici che dovrebbero misurare il nostro benessere e la nostra produttività, dimenticando che essa si fonda in gran parte sull’ingiustizia e sulla povertà altrui.
In questo brano invece troviamo una delle notizie più originali e sconcertanti del Vangelo perché ci fa scoprire che il modo di ragionare di Dio è completamente all’opposto.
Dio decisamente non vuole che vinca il migliore, anzi: ha vinto lui per tutti.
Dio però non livella verso il basso in nome di un falso buonismo le nostre aspirazioni.
Solamente sa che ognuno è prezioso, pezzo unico, capolavoro, fuoriserie e non dobbiamo ingannarci credendo di dover dimostrare di valere, sbattendoci tutta la vita a conseguire risultati sempre più elevati.
Certo che i luoghi comuni, il sentire comune racconta le solite filastrocche: “È sempre stato così… Vince il più forte… È l’istinto… Prevale la selezione naturale del migliore…”.
Invece Dio dice l’ultima Parola, ed è Parola di pace, Parola che sostiene gli sconfitti, i dimenticati della storia, gli esclusi dalle decisioni dei vari G8 o G20.
Ingannato dalle sue stesse deliranti certezze, l’uomo contemporaneo crede davvero di essere il dominatore dell’universo e subisce questo stile di vita senza neppure interrogarsi sulla validità di tali scelte.
Ma Dio – che ci conosce – dice altro, dice l’esatto contrario.
L’unico davvero riuscito, il perfetto, il vero dominatore dell’Universo, sorride di queste nostre infantili paranoie, e ci chiede di vivere nello Spirito, non nella carne, di entrare nella logica altra, quella di Dio, quella dell’interiorità, dove i risultati si misurano nell’amore, non nei punti percentuali di guadagno di un’azienda…
Ma cosa centra tutto questo con Daniele?
Centra! Eccome! Perché lui è uno di quelli che questa logica divina l’ha abbracciata, poco importa se poi non andava a messa e non si confessava.
Importa invece che in queste cose ci credeva e le viveva.
Certo la preghiera è un valore aggiunto che, per noi credenti, è importante e sostiene la nostra fede e la nostra vita.
Ma Dio non ha bisogno di queste cose, piuttosto siamo noi uomini che possiamo essere aiutati dalla preghiera! Ma questa, da sola, non serve a nulla! Anzi può diventare pericolosa, perché ci può portare a credere che visto che preghiamo allora non serve altro, allora siamo a posto.
Ma la preghiera fine a sé stessa è inutile se non è accompagnata dall’amore per l’altro, dall’attenzione a chi è in difficoltà, vicino di casa, povero, malato, zingaro o profugo che dir si voglia.
Io credo, anzi sono convinto, che Daniele in questo momento è già tra le amorose braccia di Dio assieme a tutti i giusti della terra, perché anche lui ha messo in pratica le parole di Gesù del versetto 28 “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro”…
Un ultimo appunto e un invito rivolto soprattutto ai cristiani presenti.
Per noi cristiani la morte fisica è il passaggio tra la vita terrena e la vita eterna, perché è un ricongiungersi con Dio, fonte della vita.
Non è quindi un riposo eterno, così sarebbe una noia eterna.
È qualcosa di dinamico, di vitale, di gioioso.
Invito quindi, chi vuole, a recitare con me, per Daniele, la preghiera che normalmente siamo abituati a recitare per i defunti, ma in una versione corretta e riveduta dove in sostituzione della parola riposo usiamo invece la parola gioia, secondo me più rispondente alla realtà divina.
L’eterna gioia dona a Daniele o Signore e splenda a lui la gioia perpetua. Gioisca in eterno. Amen

di Roberto Buzzi

 

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La grande energia, l’applauso di tutti i presenti, e il grido Lillooooooooo hanno segnato l’inizio di un nuovo viaggio, per far luce, per non dimenticare, per costruire.
Redazione RecSando – Fabrizio Cremonesi

Fotografia di Luigi Sarzi Amadè
Fotografie di amici

 

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