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Dal tribunale al carcere di Bollate: il Liceo P. levi protagonista del progetto UCPI-MIUR

Ecco due articoli scritti da due ragazzi del liceo Levi a descrizione di unevento che ha portato le classi IV A classico e V A classico a visitare il carcere di Bollate.
L'esperienza fa parte di un percorso formativo che rientra nel Protocollo d’Intesa tra l’Unione delle Camere Penali Italiane ed il MIUR.

Ecco i due articoli con le relative foto di classe:
Un giorno in Tribunale – Jacopo Militello 4AClassico
Seconda libertà – Federica Perdoncin, 5AClassico.

Un giorno in tribunale
 
Venerdì 24 marzo, il Palazzo di Giustizia di Milano ha accolto gli studenti della classe IV A classico del liceo Primo Levi, che ha partecipato all’iniziativa del UCPI- Miur.
Il progetto sulla legalità, cui la nostra scuola aderisce da due anni, è sostenuto dal referente, avvocato Ettore Traini, con l’obiettivo di sensibilizzare i giovani alla legalità.
Di certo noi tutti siamo a conoscenza di cosa sia un tribunale, ma l’esperienza diretta è tutt’altra cosa, soprattutto per quanto riguarda lo svolgimento di un processo.
Abbiamo assistito a tre processi penali, tutti per spaccio di stupefacenti.
Gli imputati si trovavano dietro le sbarre di una gabbia posta a un lato dell’aula, condizione che nella realtà, piuttosto che nella finzione filmatica cui siamo solitamente abituati, ci ha scosso da subito.
Il fatto che ben tre dei quattro processi in programma per quella mattinata vedessero accusati degli stranieri ha costituito un utile spunto di riflessione ed ha reso immediatamente chiaro il problema di un’integrazione oggi tanto auspicata ma non ancora attuata.
Previa autorizzazione concessaci dagli imputati, trattandosi di processi in camera di Consiglio, e quindi non pubblici, siamo stati spettatori della condanna di un uomo a due anni e sei mesi di reclusione, di un altro a tre e infine di tre ragazzi marocchini alla libertà vigilata con l’obbligo di firma.
Purtroppo la condizione di indigenza, di degrado socio-economico e soprattutto di povertà culturale e valoriale spinge molti giovani a delinquere, mentre sarebbe auspicabile un’opera, sicuramente assai più complessa e articolata, di prevenzione.
Infine, non potendone ignorare il ruolo fondamentale, appare irrinunciabile in questo contesto giudiziario la “missione” che deve animare l’avvocato difensore per cui tutto il suo agire deve (imperativo categorico kantiano) essere volto alla ricerca di una giustizia sempre più giusta per tutti, come recita il primo comma dell’art. 3 della nostra Costituzione.
Jacopo Militello 4AClassico

 
 

Seconda Libertà

Il giorno 26 aprile 2017 la classe 5AClassico del liceo Primo Levi di San Donato M.se ha avuto l'occasione di visitare la casa di reclusione di Bollate sita nel territorio del milanese. Accompagnati dalle professoresse G. Floriddia (storia e filosofia) e L. Parentella (religione), gli alunni si sono confrontati con una realtà non sempre conosciuta e spesso dimenticata dalla nostra società. 
Il carcere di Bollate è definito il carcere più virtuoso d’Italia e sicuramente la sua organizzazione laboratoriale, la disponibilità di fondi e la buona volontà di gran parte dei detenuti e dei collaboratori responsabili hanno fatto sì che i programmi di reinserimento abbiano avuto e mantengano tuttora degli esiti positivi. Infatti la statistica dimostra che la recidiva dei suoi detenuti ruota intorno al 20%, percentuale piuttosto inferiore rispetto alla media del 70-75% cui rispondono le altre carceri italiane.
La casa di reclusione di Bollate dispone di sette reparti e al suo interno vi sono spazi dedicati ad attività scolastiche (dalle scuole secondarie di I grado alle facoltà universitarie) e lavorative (falegnameria, vetreria, dispense di alimentari, cucina…). I detenuti hanno inoltre la possibilità di fare esercizio fisico in un cortile, di recitare e di scrivere giornali,"CarteBollate" e "SaluteInGrata", diretti dalle rispettive redazioni. Altri spazi, particolarmente significativi, sono la stalla con i suoi numerosi cavalli, (molti dei quali sono stati messi in salvo da precedenti situazioni di maltrattamento) che instaurano con i detenuti un vero e proprio legame affettivo (come pet therapy), e la sala registrazione, dove molti detenuti si sono scoperti artisti di talento usicale.
Il momento più significativo della visita è stato il confronto tra gli alunni e i due detenuti che hanno guidato il gruppo-classe durante la mattinata. Dal dibattito in biblioteca è emersa una condivisione di idee, opinioni e pensieri che hanno rivelato quanto la realtà carceria sia differente rispetto a come viene percepita al di fuori delle sue mura, ossia dalla cosiddetta “società civile”.
Nella grande struttura di Bollate si sentono a fior di pelle i sentimenti, le sensazioni e le emozioni di chi ci vive, si sente che c'è la possibilità e la volontà di cambiare e migliorarsi; ed è questo il punto da cui partire per riflettere su due importanti questioni: fino a che punto un giudice (sociale o giudiziario) può avere il pieno potere di negare a qualcuno una seconda possibilità? In quali termini è moralmente giusto (art. 27 della nostra Costituzione) negare la libertà a un essere umano che, prendendo coscienza dei propri errori, ha fatto un percorso di rieducazione?
La realtà di questo carcere, i suoi corridoi dipinti, l'assenza di rumori di chiavi che aprono e chiudono celle, insegnano che un essere umano può sentirsi libero anche solo lasciando aperta e viva una speranza: la possibilità di una seconda libertà.
Federica Perdoncin, 5AClassico.

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