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N>O>I – Network Organizzazione Innovazione

Conseguenze cognitive, emotive e comportamentali durate la quarantena per Covid19, cosa si può fare?

Nelle situazioni di maxiemergenza, quando un grave evento critico colpisce una popolazione intera, si viene a creare una condizione di elevata emotività che riguarda sia l’individuo che la comunità.

Le persone esposte a un’esperienza traumatica grave e intensa possono presentare, nei giorni e nelle settimane immediatamente successive all’evento stressante, un’ampia varietà di sintomi che, in molti casi scompaiono spontaneamente in tempi brevi, mentre in altri si vanno a stabilizzare.

I sintomi sperimentati dalla persona possono essere suddivisi in 5 categorie:

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Coronavirus: Intervistiamo il Sindaco di San Donato Milanese, Andrea Checchi

Il valore aggiunto dell’informazione di N>O>IRecSando è sempre stato il territorio. Nel mondo di oggi, globalizzato e totalmente interconnesso, il discutere di ciò che ci accade accanto è davvero un plus spesso dimenticato. Ma viviamo giorni veramente difficili, nei quali l’informazione che ci giunge dall’altra parte del mondo può essere facilmente assimilata a quella della porta accanto.

Partendo da questo assunto, abbiamo ritenuto di compiere un’operazione importante andando a intervistare esperti e personalità che nella crisi sanitaria, economica, politica e sociale attuale hanno ognuna qualcosa da dire e da dare. Crediamo, sempre dicendolo modestamente, di esserci riusciti. Ma a Voi la parola finale. Buona lettura.

 

INTERVISTA AL SINDACO DI SAN DONATO MILANESE, ANDREA CHECCHI

DOMANDA:

1 ) Sindaco Checchi, siamo ormai immersi mente e corpo nella tragedia Covid-19, anche e soprattutto per quell’aspetto dell’interconnessione globale che oggigiorno possiamo chiamare infodemia, vale a dire la circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti affidabili. Una di queste fonti dovrebbe essere la sua pagina Facebook, attualmente l’unica modalità ufficiale utilizzata dall’amministrazione sandonatese per comunicare ai cittadini l’effettiva situazione sanitaria nel Comune di San Donato Milanese da Lei amministrato. Proprio a tal proposito, ci chiedevamo come mai, in uno dei Comuni più tecnologicamente avanzati d’Italia anche per la presenza di primarie società operanti in settori privati del terziario avanzato, vi sia questa evidente discrasia funzionale e tecnologica quando invece, come testè riferito, le aziende ivi presenti quasi a tempo zero hanno istituito lo smart working, le videoconferenze e sistemi innovativi per facilitare il lavoro quotidiano e la presa di decisioni anche da casa. Davvero a San Donato Milanese non vi è o non vi è ancora stata la possibilità di rendere operativo un canale di output maggiormente fruibile e interattivo per tutta la popolazione sandonatese? Ci riferiamo per esempio a dibattiti in videoconferenza attraverso tecnologie innovative quali l’App Zoom o all’apertura di un canale di comunicazione Telegram per informare e altresì ricevere riscontri immediati dai suoi concittadini.

RISPOSTA:

I dati relativi alla situazione sanitaria a SDM sono stati messi a disposizione del Sindaco da metà marzo, non prima; in questo lasso di tempo (dal 23 febbraio fino al 14 marzo) il Comune ha provveduto a tenere aggiornata l’intera popolazione tramite tutti i canali di comunicazione già attivi (sito ufficiale e pagina fb dell’Ente). Quando sono stati messi a disposizione del sottoscritto i dati relativi ai singoli cittadini colpiti dal virus, ho ritenuto necessario metterli a conoscenza dell’intera cittadinanza, concentrando l’attenzione sui dati numerici dell’epidemia, e lo strumento più idoneo è parso la pagina fb del Sindaco [Andrea Checchi Sindaco], voce ufficiale in quanto investito anche del ruolo di “Autorità Sanitaria Locale”. Questa scelta pare essere valutata dai cittadini molto positivamente.
Per quanto riguarda informazioni tecniche o aggiornamenti normativi (i cosiddetti D.P.C.M. oppure le Ordinanze Regionali), li stessi vengono puntualmente pubblicati sul sito in un apposito spazio/area dedicata.

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Coronavirus: Intervistiamo il Prof. Stefano Merigliano

Il valore aggiunto dell’informazione di N>O>IRecSando è sempre stato il territorio. Nel mondo di oggi, globalizzato e totalmente interconnesso, il discutere di ciò che ci accade accanto è davvero un plus spesso dimenticato. Ma viviamo giorni veramente difficili, nei quali l’informazione che ci giunge dall’altra parte del mondo può essere facilmente assimilata a quella della porta accanto.

Partendo da questo assunto, abbiamo ritenuto di compiere un’operazione importante andando a intervistare esperti e personalità che nella crisi sanitaria, economica, politica e sociale attuale hanno ognuna qualcosa da dire e da dare. Crediamo, sempre dicendolo modestamente, di esserci riusciti. Ma a Voi la parola finale. Buona lettura.

 

INTERVISTA  AL  PROF. STEFANO MERIGLIANO , PROFESSORE DI CHIRURGIA GENERALE II PRESSO L’UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA

DOMANDA:

1 ) Buongiorno Prof. Merigliano, Lei a buon dire può essere considerato il vero artefice di quel successo veneto nel contrasto all’epidemia causata dalla ‘malattia da nuovo CoronaVirus’, chiamata Covid-19 e provocata dal virus SARS-CoV-2. Una pandemia rivelatasi devastante per il nostro paese e sviluppatasi in esso non in maniera omogenea, bensì attraverso un’accentuata diversità regionale che ha visto le ricche regioni del Nord quali Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna come principali epicentri di diffusione del contagio. Da qui però prendono il via 3 differenti vicende che sarebbe bene analizzare nell’ottica di poter meglio comprendere cosa ha funzionato e cosa no, visto che in Italia la Sanità è gestita a livello regionale e che quindi si son manifestati approcci diversi nel contrasto a un nemico comune, che si è compreso essere stato fino a ora spietato e terribile. Ma forse anche per colpe ed errori ben precisi e riscontrabili, ne conviene?

RISPOSTA:

Io partirei da una considerazione che può sembrare banale quanto si vuole, ma che a mio avviso rispecchia ciò che è accaduto in Veneto e che invece non si è verificato in Lombardia: le regole per il contrasto alle epidemie non sono regole moderne, bensì sono regole molto antiche e ben codificate fin dall’800. Posso riassumerle in un modo soltanto, citando in successione ciò che si deve fare nei casi di scoperta di contagio, ovvero: identificare – isolare – contenere. Ed è proprio questo che abbiamo fatto nel Comune di Vo’ Euganeo fin dai primi momenti successivi alla scoperta del primo paziente Covid-19 del Veneto, individuato a meno di 48 ore da quello di Codogno, nel lodigiano. Dopo tale individuazione infatti il Comune di Vo’ è subito divenuto Zona Rossa ( anche qui come successo a Codogno nei giorni addietro ) e la struttura sanitaria di riferimento è stata individuata nell’Ospedale di Schiavonia. Tali procedure, e posso dirlo senza possibilità di essere smentito, sono state fondamentali per il contenimento della prima ondata del virus. Altresì, un’altra importantissima decisione è stata quella di chiudere agli studenti l’Università di Padova, un polo di studio e ricerca fondamentale per tutto il Veneto il quale fa sì che ogni giorno arrivino in stazione in centro città 60 mila persone. Bloccare da un momento all’altro quel flusso è stata una scelta che a posteriori possiamo definire vitale per la buona riuscita delle misure attuate. Tornando alla sua domanda, in Veneto ove è iniziata l’emergenza si è subito istituita una zona rossa, mentre in Lombardia, dopo aver immediatamente contenzionato Codogno, non si è stati egualmente reattivi e proattivi in altre zone, quali il bergamasco. E i successivi risultati di tale non scelta sono evidentemente sotto gli occhi di tutti.

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Coronavirus: Intervistiamo il Prof. Fabio Sbattella

Il valore aggiunto dell’informazione di N>O>IRecSando è sempre stato il territorio. Nel mondo di oggi, globalizzato e totalmente interconnesso, il discutere di ciò che ci accade accanto è davvero un plus spesso dimenticato. Ma viviamo giorni veramente difficili, nei quali l’informazione che ci giunge dall’altra parte del mondo può essere facilmente assimilata a quella della porta accanto.

Partendo da questo assunto, abbiamo ritenuto di compiere un’operazione importante andando a intervistare esperti e personalità che nella crisi sanitaria, economica, politica e sociale attuale hanno ognuna qualcosa da dire e da dare. Crediamo, sempre dicendolo modestamente, di esserci riusciti. Ma a Voi la parola finale. Buona lettura.

INTERVISTA AL PROF. FABIO SBATTELLA, DOCENTE DI PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA PRESSO L’UNIVERSITÀ CATTOLICA DI MILANO, PSICOLOGO E PSCICOTERAPEUTA

DOMANDA:

1 ) Buongiorno Prof. Sbattella, stiamo indubbiamente vivendo un periodo di grande tensione emotiva, un periodo del quale oltretutto non si riesce a vedere la fine. Durante ogni crisi si sprigionano mancanze e richieste di natura diversa, unitamente a problematiche multistratificate che possono avere un’eziologia indefinita e quindi di più difficile risoluzione. A quasi 2 mesi dall’inizio di questa vera e propria tragedia nazionale, possiamo arrivare a dire che, almeno dal punto di vista temporale, per gli effetti che il protrarsi di una situazione come questa comporta, si sta arrivando verso il punto di non ritorno ?

RISPOSTA:

Credo sia utile iniziare a spiegare la diversità che intercorre tra urgenza ed emergenza, per meglio comprendere la gravità della situazione che stiamo attualmente vivendo. Definiamo urgenza la situazione in cui le gravi difficoltà vengono affrontate rapidamente. Emergenza invece una situazione in cui le risorse predisposte per affrontare le gravi difficoltà non sono sufficienti. Facciamo l’esempio di un pronto soccorso. Un buon servizio, magari abituato ad accogliere e porre rimedio quotidianamente a 5 casi in codice rosso (condizione che definiamo di urgenza quotidiana) da un momento all’altro si vede investito da 50 e più casi gravissimi (questa la chiameremo invece emergenza ). Cosa accade? Il personale dovrà chiedere aiuto, perché diventa rapidamente consapevole che non può farcela a salvare tutti.  Ecco, noi stiamo attualmente vivendo in Lombardia, una emergenza.  La professionalità e la buona volontà degli operatori sanitari si è trovata a contrastare una vera e propria tempesta umanitaria. Una situazione, ove cioè le sole forze in campo non bastano. Per questo, in molti punti esse sono state travolte,  pur combattendo strenuamente e dando tutto ciò che poteva essere dato e forse di più. Da qui però inizio a trattare la questione sottopostami tramite la professionalità che più mi compete, vale a dire quella inerente l’aspetto psicologico delle vicende. Molto spesso, anzi, troppo spesso, l’attenzione è posta esclusivamente alla necessità di difendere la salute fisica delle persone, dimenticando che essa non puo’ essere separata da quella mentale.  I danni che una pandemia provoca alla mente, alle relazioni, alla capacità di reagire e sperare vengono molto sottovalutati.  Proprio questo modus operandi è alla base di un’impressionante casistica di sofferenze: malesseri e disagi dell’umore e delle relazioni che già hanno portato ad un aumento del 40% del consumo di psicofarmaci in Italia. Tali sofferenze si dilateranno ancora di più nelle fasi successive al dramma che stiamo oggigiorno vivendo. Io ho partecipato a campagne di aiuto quali il post-terremoto di Haiti ( gennaio 2010 ) e sono ben conscio di quanto tempo necessiti prima l’elaborazione del lutto e poi il tentativo di compiere una difficilissima risalita. L’essere umano, infatti, non è né solo corpo né solo mente, bensì un connubio indissolubile tra soma e psiche. E infatti l’obiettivo dichiarato per l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità ) è, secondo la sua costituzione, “il raggiungimento, da parte di tutte le popolazioni, del più alto livello possibile di salute”, definita come “uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale” e non semplicemente “assenza di malattie o infermità”. Ecco quindi che, focalizzandosi per esempio sugli operatori socio – sanitari, la nostra principale attenzione dovrebbe essere non solo la loro integrità fisica, ma anche e soprattutto la protezione da eventi che possono generare disturbi post traumatici da stress, o burnout. Perché si debba intervenire al fine di non portare a rottura questa categoria di persone, è più che logico: crollando loro infatti, crollerebbe il baluardo più importante da frapporre alle conseguenze della circolazione del virus. Senza la barriera di medici, infermieri, Oss e operatori sanitari in genere, i problemi da risolvere sarebbero decuplicati. Ma le cosiddette categorie a rischio non sono di certo soltanto queste, sia chiaro.

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Coronavirus: Intervistiamo il Prof. Gilberto Corbellini

Il valore aggiunto dell’informazione di N>O>I RecSando è sempre stato il territorio. Nel mondo di oggi, globalizzato e totalmente interconnesso, il discutere di ciò che ci accade accanto è davvero un plus spesso dimenticato. Ma viviamo giorni veramente difficili, nei quali l’informazione che ci giunge dall’altra parte del mondo può essere facilmente assimilata a quella della porta accanto.

Partendo da questo assunto, abbiamo ritenuto di compiere un’operazione importante andando a intervistare esperti e personalità che nella crisi sanitaria, economica, politica e sociale attuale hanno ognuna qualcosa da dire e da dare. Crediamo, sempre dicendolo modestamente, di esserci riusciti. Ma a Voi la parola finale. Buona lettura.

INTERVISTA AL PROF. GILBERTO CORBELLINI, DOCENTE DI STORIA DELLA MEDICINA
& PROF. DI BIOETICA PRESSO L’UNIVERSITA’ LA SAPIENZA DI ROMA

DOMANDA:

1 ) Prof. Corbellini, il suo primario campo di interesse è la storia della medicina. Stiamo vivendo giorni difficili, che in realtà sono mesi e che potrebbero divenire anni, sentendo ciò che si legge e si ascolta. Ma davvero siamo immersi in un unicum che non si è mai precedentemente verificato nella storia dell’umanità? Per meglio intenderci, facciamo lo storico esempio del provare a comparare il CoronaVirus all’influenza spagnola, altrimenti conosciuta come la spagnola o la grande influenza, la quale fu una pandemia influenzale, insolitamente mortale, che fra il 1918 e il 1920 uccise decine di milioni di persone nel mondo, la prima delle pandemie del XX secolo che coinvolgono il virus dell’influenza H1N1. Ebbene, ciò che si è verificato esattamente 100 anni fa ci potrebbe far pensare che, senza lo ‘spegnimento’ pianificato delle normali attività umane durante la comune socialità che eravamo soliti condurre e al quale siamo stati e siamo sottoposti, ne saremmo usciti egualmente e che però, con le conoscenze scientifiche attuali e le conquiste in termini di valore della vita umana, sarebbe stato inaccettabile ( pur se con evidenti differenze morali, se andiamo a giudicare, per esempio, i casi svedese e americano ) ? Le rivolgiamo questa domanda sapendo che Lei è altresì un docente di bioetica.

RISPOSTA:

E’ abbastanza corretto l’argomento illustrato nella domanda. Nel senso che una malattia come Covid-19 non si sarebbe diffusa o sarebbe passata inosservata un secolo fa. Gli anziani, i diabeti e i cardiopatici erano di meno, non c’erano le strumentazioni per la terapia intensiva e non si sarebbe stati in grado di identificare l’agente causale. La circolazione di altre malattie respiratorie, come influenza e tubercolosi, avrebbe altresì reso difficile il passaggio di un coronavirus con queste caratteristiche all’uomo. Se in questo frangente non avessimo fatto nulla, adottando una strategia tipo quella svedese, ne saremmo usciti con molti morti (in proporzione molti di più di quelli svedesi che sono forse i meglio organizzati al mondo sul fronte sanitario), dell’ordine probabilmente di alcune centinaia di migliaia, ma senza danni così gravi all’economia. Forse si sarebbe arrivati a un equilibrio tra specie umana e parassita nell’ordine di un paio di anni o prima. Così di solito finisce con questo tipo di malattie emergenti. Dopodiché, abbiamo una medicina e una scienza che sono oggi molto potenti e viviamo in società dove il valore indefinito delle vite umane forse impedisce un’attenzione anche le conseguenze che potrebbe avere accanirsi per difendere una ridotta indifendibile. Voglio dire che è stata presa la strada più incerta, cioè quella di giocare a scacchi con il virus senza capire che le regole a cui risponde il virus sono diverse dalle nostre, che sono o cercano di essere razionali, mentre lui usa quelle dell’evoluzione darwiniana. 

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Coronavirus: Intervistiamo il Prof. Giacomo Rossi

Il valore aggiunto dell’informazione di N>O>I RecSando è sempre stato il territorio. Nel mondo di oggi, globalizzato e totalmente interconnesso, il discutere di ciò che ci accade accanto è davvero un plus spesso dimenticato. Ma viviamo giorni veramente difficili, nei quali l’informazione che ci giunge dall’altra parte del mondo può essere facilmente assimilata a quella della porta accanto.

Partendo da questo assunto, abbiamo ritenuto di compiere un’operazione importante andando a intervistare esperti e personalità che nella crisi sanitaria, economica, politica e sociale attuale hanno ognuna qualcosa da dire e da dare. Crediamo, sempre dicendolo modestamente, di esserci riusciti. Ma a Voi la parola finale. Buona lettura.

 

INTERVISTA AL PROF. ROSSI GIACOMO, UNIVERSITÀ DI CAMERINO, Scuola di Bioscienze e Medicina Veterinaria

DOMANDA:

1 ) Buongiorno  Prof. Rossi, Lei è un medico veterinario e forse sembra strano, a una prima lettura, chiedere a una figura come la Sua delle informazioni rassicuranti circa la lotta al CoronaVirus. E invece la terapia messa a punto nei laboratori dell’Università di Camerino dal gruppo di ricerca da Lei coordinato è già stata prenotata da alcuni ospedali del Nord America e altresì canadesi. Ci vuole raccontare come è andata nello specifico tutta questa vicenda che apre una breccia di speranza nel buio di una tragedia collettiva e sociale che stiamo vivendo ?
Cosa c’entrano i nostri amati amici gatti nella lotta alla ormai famigerata malattia Covid-19 ?

RISPOSTA:

Buongiorno a lei e grazie per qusta domanda che peraltro mi è stata spesso rivolta anche da molti colleghi medici! Da circa due anni mi sto interessando della risposta immunitaria del gatto affetto da FeCov, il coronavirus felino, con particolare riguardo alla risposta mediata dai macrofagi, le cellule che sono deputate a “mangiare” gli agenti patogeni che ci infettano. Vede nel gatto con FeCoV ci siamo accorti che se la funzione di queste cellule non è perfetta o è incompleta, il virus  può attraversare l’intestino, sede dove normalmente risiede, generalizzare nell’organismo e causare una grave malattia, per la quale con c’è vaccino nè terapia specifica ed il cui esito è praticamente quasi sempre la morte dell’animale infetto. Anche in questa malattia del gatto negli ultimi mesi si stanno provando alcuni farmaci inibitori della polimerasi e dealla proteasi virali, ma anche alcuni particolari integratori che sembrano aprire speranze terapeutiche.  Bene studiando il meccanismo con cui il virus FeCoV entra nelle cellule, appena sono stati resi noti i risultati della struttura del recettore Covid-19 dai colleghi Cinesi, ho fatto le debite comparazioni nella struttura proteica ed aminoacidica ed ho visto che il coromavirus Covid-19 differisce da altri coronavirus, avendo vari siti di glicosilazione in più. Questi siti sono quelli i cui alcuni zuccheri semplici si legano all’amminoacido Asparagina terminale di una proteina trans-membrana. Ho pensato quindi che questa differenza potesse essere alla base della maggiore virulenza del virus. Ho anche pensato che, eliminando questi siti, si possa ridurre in maniera veramente importante il legame del coronavirus Covid-19 alle cellule dell’ospite, e quindi in pratica ridurre in maniera sensibile l’impatto dell’infezione e dei segni clinici di malattia.

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Coronavirus: Intervistiamo il Prof. Vittorio Agnoletto

Il valore aggiunto dell’informazione di NOI – RecSando è sempre stato il territorio. Nel mondo di oggi, globalizzato e totalmente interconnesso, il discutere di ciò che ci accade accanto è davvero un plus spesso dimenticato. Ma viviamo giorni veramente difficili, nei quali l’informazione che ci giunge dall’altra parte del mondo può essere facilmente assimilata a quella della porta accanto. Partendo da questo assunto, abbiamo ritenuto di compiere un’operazione importante andando a intervistare esperti e personalità che nella crisi sanitaria, economica, politica e sociale attuale hanno ognuna qualcosa da dire e da dare. Crediamo, sempre dicendolo modestamente, di esserci riusciti. Ma a Voi la parola finale. Buona lettura.

INTERVISTA A VITTORIO AGNOLETTO, PROFESSORE PRESSO L’UNIVERSITA’ DI MILANO DI GLOBALIZZAZIONE E POLITICHE DELLA SALUTE

DOMANDA:

1 ) Buongiorno  Prof. Agnoletto, Lei per anni è stato medico del lavoro per una nota azienda ubicata nel Comune di San Donato Milanese. Altresì il Suo legame con il nostro territorio, quello del Sud-Est Milano, è rimasto forte e ben strutturato. A questo proposito, vorremmo iniziare questa intervista col provare a domandarLe una Sua valutazione circa ciò che è successo nella RSA – Residenza per anziani ubicata a Mombretto di Mediglia, visto che già a inizio aprile, quindi pochissimo tempo fa, Lei durante la trasmissione 37 e 2 di Radio Popolare ( trasmissione da Lei diretta assieme a Elena Mordiglia ogni giovedì mattina dalle ore 10.35 sino alle 11.30 ) aveva approcciato questo argomento. Si possono fare delle valutazioni a riguardo o, nel pieno della tragedia, forse è ancora troppo presto entrare nei fatti in maniera così specifica ?

RISPOSTA:

Come Lei riferisce, noi a inizio aprile abbiamo affrontato in trasmissione quanto stava accadendo nella RSA di Mombretto di Mediglia; oggi la magistratura è scesa finalmente prepotentemente in campo, facendo ciò che le compete su quella triste e drammatica vicenda. Credo che sia bene lasciar lavorare i magistrati, mi auguro che vengano individuate precise responsabilità e che chi non ha avuto rispetto per la vita umana sia chiamato a risponderne.

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