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Monsignor Delpini, Arcivescovo di Milano, a San Giuliano per ricordare San Paolo VI

Oggi 30 maggio, ricorre la festa di San Paolo VI , proclamato Santo nel 2018 di Papa Francesco,  e sarebbe dovuta essere  grande festa a San Giuliano, avendolo  scelto come protettore la Comunità Pastorale cittadina, nata lo scorso anno. 
Ma l’attuale situazione sanitaria non lo ha consentito, e la festa è rimandata. 
Doveva essere l’Arcivescovo di Milano Mons. Mario  Delpini a presiedere la celebrazione, e lui  non ha voluto rinunciare alla sua vicinanza alla città, facendoci visita in una serata divenuta culturale, sulla vita di Giovanni Battista Montini, suo predecessore dal 1954 al 1963, anno in cui salì al trono di Pietro con il nome di Paolo VI.
“Innanzitutto vi ringrazio di questa occasione  e di questa iniziativa” esordisce Mons. Delpini dopo il saluto e l’introduzione alla serata di don Luca Violoni, “credo che una necessità che abbiamo è di prendere iniziative, di essere creativi.

Siamo stati travolti da  un trauma, e ancora adesso non è finito, e tuttavia non possiamo restare vittime,  non possiamo lasciarci convincere ad aspettare che passi. Perciò  in occasione della memoria di San Paolo Sesto,  l’aver dato vita a una convocazione mi sembra un segno”. Ma ammonisce poi “dobbiamo cominciare a fare quello che si può fare senza pericoli e senza imprudenze, con tutta la creatività, intraprendenza e la determinazione di chi vuole essere vivo e vuole rispondere alla chiamata del Signore.”

 
E infatti sulle  indicazioni di prudenza  è stata organizzata la serata, trasmessa in diretta streaming sul canale della Comunità  mentre in San Giuliano Martire erano invitati a partecipare i membri del Consiglio Pastorale della Comunità che racchiude sei parrocchie,  della Parrocchia di Civesio e i membri del consiglio degli affari economici. Presente anche il sindaco Marco Segala e i rappresentanti delle forze dell’ordine. 
 
Mons. Delpini ha riassunto pensieri di  San Paolo VI che possono essere di accompagnamento sia al cammino della Comunità Pastorale che lo ha scelto come protettore, e sia a questo momento difficile che si sta vivendo a causa dell’ epidemia.
 
L’AMORE PER GESU’
Innanzitutto ha ricordato il grande Amore che San  Paolo Sesto aveva per Gesù Cristo. “il primo punto è una serie di domande che Paolo Sesto si pone mentre inizia una sessione delConcilio Ecumenico Vaticano Secondo nel 1963, la prima come Papa. <donde parte il nostro cammino fratelli,  quale via intende percorrere e quale meta fratelli vorrà proporsi il nostro itinerario quindi da dove partiamo? quale via 
percorriamo, verso dove andiamo?>  
La risposta è Cristo ,Cristo nostro principio, Cristo nostra Via e guida,  Cristo nostra speranza e nostro termine… (…)  questa concentrazione su Gesù mi sembra un richiamo essenziale, quello che non possiamo perdere, quello che nessun blocco, nessuna epidemia può farci dimenticare:  il riferimento a Gesù, presente nella celebrazione Eucaristica”.  
E’ per questa Presenza che i Cristianii vanno a messa. 
Le celebrazioni appena riprese con la presenza del popolo, (dopo un “digiuno da  Eucaristia” sostituita da diretta TV o da  streaming casalinghi delle messe), sono soggette alle restrizioni dovute alla prudenza: un numero chiuso di presenze in Chiesa, mascherina obbligatoria, sanificazione delle mani all’ingresso e sanificazione degli spazi dopo ogni celebrazione, mettono alla prova ” l’abitudine” o il desiderio della partecipazione alla Messa. 
 “piuttosto che andare in chiesa,  una messa così io la guardo alla televisione” però forse questo può aver indotto anche un certo relativismo nel dire <ma in fondo che differenza c’è se io vado in chiesa oppure se la guardo in casa mia la messa?>  ecco la differenza è che l’incontro con Gesù non è uno spettacolo non è una rappresentazione che si può trasmettere. L’incontro con Gesù ha bisogno dell’incontro col pane di vita con il Corpo di Cristo (…) … ecco, la  disaffezione all’eucaristia è molto diffusa ma credo che Paolo Sesto ci richiami a domandarci quale ruolo ha Gesù nella nostra vita quanto desiderio abbiamo di Lui.”
L’AMORE PER LA CHIESA
Il  secondo punto della figura di San Paolo VI che l’Arcivescovo ha condiviso con i presenti,  è stato  l’amore per la Chiesa, rileggendo dei passi di un testo molto suggestivo intitolato “Pensiero alla Morte”. 
Paolo Sesto è come se volesse dire un’ultima parola  alla Chiesa,  ai cristiani,  e questo pensiero alla morte contiene queste parole , una specie di testamento. Scrive Paolo Sesto < prego pertanto il Signore che mi dia grazia di fare della mia prossima morte un dono d’amore alla Chiesa> 
(…) L’amore per la chiesa è un messaggio che Paolo Sesto ci offre prima di ogni cosa , prima di un’analisi , prima del giudizio,  prima
delle discussioni su cosa si deve fare o non fare. Questo amore,  questa gratitudine, perché  Paolo Sesto scrive che è stata la Chiesa a tirarlo fuori dalla sua solitudine e dal suo gretto egoismo,  ecco che  diventa dedizione,  desiderio di benedire la chiesa.  Questa confidenza di Paolo Sesto ci pone delle domande su come noi siamo in rapporto con la chiesa,  chi è la chiesa per noi, che cos’è la chiesa per noi.  (..) 
Forse questa tragedia dell’epidemia ci ha reso consapevoli di come l’individualismo sia un pericolo grave. Guai a chi è solo,  talvolta la solitudine è cercata proprio per evitare il fastidio di essere con gli altri, di
sentirsi responsabili di altri. La chiesa invece è quella comunità in cui se un membro soffre tutte le membra soffrono. Vigilare dunque sull’individualismo vigilare su quella suscettibilità che ci rende magari portati a scambiarci parole amare gli uni con gli altri ad essere facili a irritarci se non ci viene dato ragione ad essere amareggiati se non troviamo quello che corrisponde ai nostri alle nostre aspettative. Amare la chiesa per poterla rendere più santa se il Signore ci fa grazia”.
LA SIMPATIA PER IL MONDO 
Il terzo e ultimo pensiero che ci propone l’Arcivescovo, è preso da una  famosa omelia di Paolo Sesto a conclusione del concilio vaticano secondo..Omelia in  cui il Pontefice  ripercorreva    cos’era stato il concilio,  di che cosa si era occupato,  quali furono i frutti che così sinteticamente si riasumevano. Così diceva PaoloVI:  “la chiesa del concilio si è occupata dell’uomo, dell’uomo quale oggi in realtà si presenta,  l’uomo vivo, l’uomo tutto occupato di sé,  l’uomo che non si fa solamente il  centro di tutto ciò che l’ interessa ma che  di essere il principio e la ragione ultima di tutte le realtà. (…)  l’umanesimo laico profano alla fine è apparso nella terribile statura ed  ha,  in un certo senso,  sfidato il Concilio. La religione del Dio che si è fatto Uomo si è incontrata con la religione dell’uomo che si fa Dio. Che cosa è avvenuto? uno scontro una lotta un anatema?  Poteva essere ma non è avvenuto. L’antica storia del Samaritano è stato il modello della spiritualità del Concilio. Una simpatia immensa lo ha tutto pervaso. (…)
 
Termina l’Arcivescovo
“ecco io credo che  i cristiani sono presenti nel mondo per seminare benevolenza, per facilitare le alleanze,  per intuire le vie del dialogo tra tutti.  E dunque per questo noi saremo lievito luce e sale se siamo capaci di riconoscere le fragilità di questo tempo e proporci come alleati della gioia di tutti,  disponibili a sostenere il cammino di tutta  la società. Ecco, una simpatia immensa per il mondo è  ciò che al Concilio si è respirato e una simpatia immensa per questo mondo mi sembra quello che Paolo Sesto ci raccomanda.
Ecco questi sono i tre pensieri che volevo condividere: il riferimento essenziale a Cristo,  l’Amore per la chiesa e la simpatia per il mondo.

 

Angela Vitanza

 

 
 
 


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