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La mostra “com’eri vestita?” fa tappa nel Municipio di San Giuliano

Album Fotografico

E’ stata inaugurata sabato 25 mattina nei locali del “Punto Comune” del Palazzo Comunale di via De Nicola,  la Mostra “Com’eri vestita?” Essa è  composta da 10 abiti femminili, del genere di abbigliamento descritto  in 10 storie realmente accadute.  E la domanda è quella che generalmente formulano nei processi per violenza sulle donne,  come se si volesse creare l’alibi agli stupratori di essere stati “provocati” con abiti “succinti” dalle loro vittime a tal punto da provocare un raptus di violenza.

Invece ci troviamo davanti abiti che noi donne possiamo normalmente avere nell’armadio, per indossarli nei nostri lavori quotidiani. E c’è anche un abito da sposa. Difficile possa essere catalogato come “provocante”. Il racconto che lo accompagna è aberrante per la nostra cultura. E’ infatti il richiamo alle spose-bambine, adolescenti spesso date in matrimonio, io direi vendute, a uomini molto più grandi o anziani. Dove il rapporto è solo di violenza. Spesso tale da ucciderle. Questo capita in paesi lontani dalla nostra Italia, ne leggiamo spesso sui media, ma tenendo conto dell’aumento di immigrati provenienti da quei paesi, non è detto che anche in Italia non possa succedere. “Mi hanno costretta a sposarlo, era un uomo vecchio e per questo matrimonio ho interrotto gli studi anche se mi piaceva andare a scuola…” dice la didascalia sul vestito.
Le storie della mostra sono state raccolte in questi anni da educatori e psicoterapeuti e proposte dall’associazione culturale  ‘Libere Sinergie’  che ha sede a Milano, e  che l’ha realizzata sulla scia dell’originaria americana, inaugurata  nel  2013  in Kansas, (da parte di Jen Brockman, direttrice del Centro per la prevenzione e formazione sessuale e  di Mary A. Wyandt-Hiebert responsabile di tutte le iniziative di programmazione presso il Centro di educazione contro gli stupri dell’Università dell’Arkansas)   calandola nella realtà milanese. Infatti c’è anche la riproduzione del pigiama che indossava Jessica Valentina Faoro quando venne uccisa a coltellate  a 19 anni nel febbraio dell’anno scorso dall’uomo che la ospitava in casa a Milano, (dove lei si era recata per cercare un lavoro),  che voleva abusare di lei e al quale si era ribellata).  E troviamo anche un abito corto a fiori, (Sembrava un anziano saggio e dolce, parlavamo spesso insieme. Lo andavo a trovare e gli portavo le sigarette o il cioccolato, era una persona sola, niente amici nè parenti…tutt a un tratto… ).  un grembiule  per le pulizie,  (Lavoravo in un’impresa di pulizie e la sera col mio carrello passavo negli uffici vuoti. Avevo un grembiule azzurro, la mia divisa, stavo cambiando lo straccio per pulire i pavimenti quando……) e poi un tailleur pantaloni nero (di una avvocatessa cieca, (violentata da un collega -sei una povera cieca)- un vestito elegante blu, accompagnato da una storia  uguale a molte altre:     «Ero salita da lui dopo una bella serata passata insieme, volevamo conoscerci meglio e bere qualcosa. Era un tipo brillante e divertente.All’improvviso ha chiuso la porta a chiave e ha iniziato a insultarmi, mi ha sputato addosso. Ho reagito cercando di allontanarlo, l’ho pregato di lasciarmi andare, l’ho scongiurato di non farmi del male. Non mi ha ascoltata. Era estate, avevo un vestito blu». 
La mostra, itinerante, è formata da diciassette abiti, ed è stata esposta anche nei saloni del Tribunale di Milano fino all’8 Marzo. E’ in quella occasione che il Gruppo “No Violenza sulle donne SGM” (nato nel 2014 con l’intento di stimolare le istituzioni a mobilizzarsi contro le violenze)  che  ha pensato di proporla  in Città.  Occasione accolta con interesse  dall’Amministrazione Comunale che l’ha Patrocinata,  inserendola nelle iniziative  della  campagna di sensibilizzazione sul tema  della violenza di Genere, lanciata lo scorso 11 maggio.
A san Giuliano resterà  nella forma ridotta di dieci abiti fino al 29 giugno nelle zone molto frequentate dai cittadini nel palazzo municipale  denominato Punto Comune, negli orari in cui è aperto al pubblico. E sarà riproposta interamente  il 25 novembre in occasione della Giornata Internazionale contro la Violenza sulle donne. L’intento è suscitare riflessioni, per possibilmente ribaltare la convinzione che la violenza potessero essere evitate se le donne fossero state vestite diversamente. 
Sulle griglie, oltre agli abiti, le storie e i QR code con la traduzione in quattro lingue: oltre l’italiano, ingle, francese e spagnolo.


 

Nel Video, il momento dell’Inaugurazione con gli interventi dell’Assessore ai Servizi Sociali Nicolai, dell’Assessore all’Istruzione Ravara, di una rappresentante del Gruppo No Violenza sulle Donne SGM, e di don Luca Violoni, prevosto della Città, che ha fatto una riflessione sulla ferita indelebile che resta dopo una violenza di qualunque natura, anche nella comunità.
La mostra sarà visitabile fino al 29 giugno, negli orari di apertura degli uffici comunali, che in questo periodo saranno aperti anche tre sabati.
Redazione RecSando Angela Vitanza – Foto Lydia G.


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