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Coronavirus: Intervistiamo il Prof. Vittorio Agnoletto

Il valore aggiunto dell’informazione di NOI – RecSando è sempre stato il territorio. Nel mondo di oggi, globalizzato e totalmente interconnesso, il discutere di ciò che ci accade accanto è davvero un plus spesso dimenticato. Ma viviamo giorni veramente difficili, nei quali l’informazione che ci giunge dall’altra parte del mondo può essere facilmente assimilata a quella della porta accanto. Partendo da questo assunto, abbiamo ritenuto di compiere un’operazione importante andando a intervistare esperti e personalità che nella crisi sanitaria, economica, politica e sociale attuale hanno ognuna qualcosa da dire e da dare. Crediamo, sempre dicendolo modestamente, di esserci riusciti. Ma a Voi la parola finale. Buona lettura.

INTERVISTA A VITTORIO AGNOLETTO, PROFESSORE PRESSO L’UNIVERSITA’ DI MILANO DI GLOBALIZZAZIONE E POLITICHE DELLA SALUTE

DOMANDA:

1 ) Buongiorno  Prof. Agnoletto, Lei per anni è stato medico del lavoro per una nota azienda ubicata nel Comune di San Donato Milanese. Altresì il Suo legame con il nostro territorio, quello del Sud-Est Milano, è rimasto forte e ben strutturato. A questo proposito, vorremmo iniziare questa intervista col provare a domandarLe una Sua valutazione circa ciò che è successo nella RSA – Residenza per anziani ubicata a Mombretto di Mediglia, visto che già a inizio aprile, quindi pochissimo tempo fa, Lei durante la trasmissione 37 e 2 di Radio Popolare ( trasmissione da Lei diretta assieme a Elena Mordiglia ogni giovedì mattina dalle ore 10.35 sino alle 11.30 ) aveva approcciato questo argomento. Si possono fare delle valutazioni a riguardo o, nel pieno della tragedia, forse è ancora troppo presto entrare nei fatti in maniera così specifica ?

RISPOSTA:

Come Lei riferisce, noi a inizio aprile abbiamo affrontato in trasmissione quanto stava accadendo nella RSA di Mombretto di Mediglia; oggi la magistratura è scesa finalmente prepotentemente in campo, facendo ciò che le compete su quella triste e drammatica vicenda. Credo che sia bene lasciar lavorare i magistrati, mi auguro che vengano individuate precise responsabilità e che chi non ha avuto rispetto per la vita umana sia chiamato a risponderne.

DOMANDA:

2 ) Lei insegna presso l’Università Statale di Milano Globalizzazione e Politiche della Salute. Sarebbe interessante attraverso il Suo punto di vista cercare di capire perché questa tragedia è deflagrata proprio in Lombardia, la regione simbolo di eccellenza in Italia, un’eccellenza che fino a ieri veniva sottolineata soprattutto in campo sanitario. Tutto questo inoltre cozza brutalmente con quello che è accaduto nell’altro simbolo dell’eccellenza del Nord, mi riferisco al Veneto, ove pur partendo da prodromi similari, la tragicità del contagio non si è spinta a generare veri e propri drammi sociali come quelli vissuti dalle popolazioni del bergamasco. Ci aiuterebbe a capire meglio il perché del manifestarsi di questa situazione ?

RISPOSTA:

Iniziamo subito con l’indicare un dato numerico che, a parte tutto, deve farci riflettere su una situazione generale che ha progressivamente colpito la nazione Italia tutta, per poi arrivare a concentrarci sulla specificità del caso Lombardia. Come spero molti sapranno il Sistema Sanitario Nazionale SSN è stato introdotto dal legislatore nel nostro paese nel 1978. Ciò detto, teniamo ben presente un dato: nel 1981, in Italia, i cittadini avevano a disposizione 530 mila letti per i ricoveri ospedalieri. Attualmente tale disponibilità è scemata sino alla quantità di 230 mila (l’ultimo dato disponibile è del 2017), divenendo il punto più basso di un processo di smantellamento del sistema sanitario italiano progressivo e inesorabile, iniziato ormai circa due decadi fa.
Contemporaneamente è aumentato il peso delle strutture private accreditate che in Lombardia ricevono il 40% della spesa sanitaria corrente regionale. Il privato investe nella sanità, come in qualunque altro settore, per trarre profitto; i fondi finanziari, le grandi banche i gruppi industriali, che sono i proprietari delle cliniche e degli ospedali privati, hanno l’obiettivo di distribuire i maggiori dividendi possibili ai propri azionisti. Ma i guadagni si fanno sul numero dei malati, sulle terapie e sugli interventi chirurgici, non certo sulla prevenzione, né su reparti quali il pronto soccorso o i dipartimenti d’emergenza che permettono profitti molto limitati.  
 
DOMANDA:

3 ) Appunto, la ‘logica del privato’. Prof. Agnoletto, io sono un cittadino sandonatese, altresì milanese, quindi lombardo e, in tutta sincerità, fin dall’inizio di questa pandemia, subito localizzata ( quando si affronta il caso italiano ovviamente ) senza mezzi termini proprio nella mia regione di nascita e residenza, debbo confessarLe che in me si è immediatamente aperta una breccia, un malessere, un fastidio che è andato crescendo e amplificandosi di ora in ora, di giorno in giorno. Ma come, mi chiedevo e mi chiedo tuttora, non è forse proprio la Lombardia l’Eldorado della sanità italiana, La Mecca ove qualsiasi cittadino italiano desidererebbe trovarsi nel malaugurato caso si ritrovasse a bisognare di cure mediche ? E allora ? Perché le terribili conseguenze dell’arrivo del CoronaVirus in Italia hanno visto la micidiale deflagrazione di ondate virali proprio in Lombardia ?

RISPOSTA:

Chi guida la regione Lombardia e la sanità lombarda ha trasferito nella sanità pubblica la logica del privato, mentre i principi guida del Servizio Sanitario Nazionale dovrebbero essere completamente differenti.
E in sanità quasi mai il profitto si lega a un risultato confacente alle esigenze del malato o, ampliando il raggio di valutazione, del contribuente. Negli ultimi 20 anni, quindi non da ieri, la Lombardia ha scientemente posto in essere un programma di smantellamento dei presidi territoriali più vicini alle persone, la cosiddetta medicina del territorio.
La prevenzione dovrebbe essere la stella polare della sanità pubblica; l’obiettivo primario dovrebbe essere evitare che le persone si ammalino anche perché costa meno prevenire una malattia piuttosto che curarla.
Oggi in Lombardia esiste la possibilità di curarsi con le migliori terapie disponibili al mondo, di essere operati da equipe con professionalità di altissimo livello (anche se spesso il portafoglio fa la differenza), ma i servizi di prevenzione sono ridotti al minimo, i pronto soccorsi sono quasi tutti in condizioni fortemente critiche, i medici di base scarseggiano, gli ambulatori territoriali vengono ridotti di numero mese dopo mese.

I medici di famiglia sono stati completamente abbandonati a sè stessi dalla Ats (il nome delle Asl in Lombardia) di Milano (e non solo) mentre in una condizione di enorme stress erano sommersi da ogni tipo di richiesta. Per vari giorni non sono state loro fornite nemmeno le mascherine; hanno dovuto cercarsele da soli spesso senza riuscire a trovarle. Eppure la tutela della salute degli operatori sanitari rappresenta un patrimonio sociale fondamentale della collettività per garantire assistenza e cura a tutti.
Un’epidemia sostenuta da un agente infettivo come il Coronavirus rappresenta un grave problema di sanità pubblica. I medici di famiglia, i servizi sul territorio rappresentano la prima linea di resistenza che avrebbero dovuto limitare l’impatto dell’epidemia sugli ospedali. Ma la prima linea è stata abbandonata a se stessa, e non è un caso.
Giancarlo Giorgetti, infatti,  numero due della Lega, la scorsa estate quando era sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, aveva dichiarato “ma chi va più dal medico di base? Quel mondo è finito”. Chi governa la Lombardia sembra essersi mosso su questa linea e i risultati, drammatici per la nostra salute collettiva, sono sotto gli occhi di tutti.

Redazione N>O>I – Network Organizzazione Innovazione – FM-Staff

  L’immagine dei cerchi grafici presente nella copertina realizzata da N>O>I è tratta da Wikipedia, e concessa in licenza d’uso Creative Commons ( Di Johann Dréo (User:Nojhan); Traduttore: Floriano Scioscia(User:Florianoscioscia) – Tradotto da Image:Developpement durable.svg, CC BY-SA 2.5, Collegamento )


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