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Coronavirus: Intervista al al Prof. Guido Forni

Il valore aggiunto dell’informazione di N>O>IRecSando è sempre stato il territorio. Nel mondo di oggi, globalizzato e totalmente interconnesso, il discutere di ciò che ci accade accanto è davvero un plus spesso dimenticato. Ma viviamo giorni veramente difficili, nei quali l’informazione che ci giunge dall’altra parte del mondo può essere facilmente assimilata a quella della porta accanto.

Partendo da questo assunto, abbiamo ritenuto di compiere un’operazione importante andando a intervistare esperti e personalità che nella crisi sanitaria, economica, politica e sociale attuale hanno ognuna qualcosa da dire e da dare. Crediamo, sempre dicendolo modestamente, di esserci riusciti. Ma a Voi la parola finale. Buona lettura.

Intervista al Prof. Guido Forni, Immunologo dell’Università degli Studi di Torino e dell’Accademia Nazionale dei Lincei

DOMANDA:

1 ) Buongiorno  Prof. Forni, alla fine ci siamo arrivati, la famigerata Fase 2, quella della ripresa, è ormai iniziata. Abbiamo vissuto momenti davvero difficili, situazioni che hanno portato l’Italia nella maggiore crisi dal dopoguerra, coinvolgendo sia aspetti sanitari, che sociali ed, in ultimo ma altresì per molti mesi a venire, economici. Secondo Lei possiamo davvero dire o almeno ipotizzare che abbiamo davanti a noi un reale spiraglio di luce nel buio del dramma Coronavirus ?

RISPOSTA:

Questa è una domanda a cui è impossibile rispondere, tranne che si sia in possesso di una palla di cristallo, ma di una palla di cristallo davvero molto efficace.
Perché è impossibile rispondere?
Perché conosciamo ancora troppo poco di questo virus, di quanto rimanga infettivo con l’elevarsi della temperatura e in un ambiente più secco. Ci sono esempi di epidemie, causate da Coronavirus abbastanza simili, che sono scomparse naturalmente col mutare delle condizioni ambientali.
Il Coronavirus responsabile della malattia COVID-19 è però molto evoluto, possiede raffinati meccanismi di controllo e di infezione per cui nessuno può escludere che tra qualche settimana si possa avere un ritorno dell’infezione o che l’infezione possa ritornare a diffondersi con l’arrivo del freddo e dell’umido dell’autunno.
Di fronte all’imprevedibilità del comportamento virale abbiamo però l’intelligenza umana, che permette di capire sempre meglio come prevenire l’infezione, come affrontare la malattia, come rendere meno drammatica un’eventuale ripresa dell’infezione.

DOMANDA:

2 ) Lei è un immunologo di fama internazionale e ci parrebbe di notevole interesse trattare con la Sua persona dell’argomento vaccini anti Covid-19: a che punto siamo ? Quali a Suo avviso le tempistiche per vederlo realizzato?

RISPOSTA:

Deve essere chiaro che esistono già numerosi vaccini conto il virus responsabile della COVID-19. Circa una decina di questi sono attualmente in sperimentazione su volontari umani. Per 4 di questi i dati ottenuti in queste settimana indicano che sono ben tollerati e che sono in grado di indurre una buona risposta immunitaria basata sulla produzione degli anticorpi e sulla reattività dei linfociti T.  Ciò che deve essere ancora dimostrato è se l’immunità indotta da questi vaccini è in grado di impedire l’infezione dal parte del virus responsabile della COVID-19. Ciò che non sarà possibile stabilire in breve tempo è se la protezione indotta dal vaccino persiste a lungo o se sono necessari richiami ripetuti. Così pure è necessario un tempo abbastanza lungo per poter stabilire se il vaccino è efficace, cioè protegge quasi tutte le persone vaccinate o se protegge solo alcune persone.

DOMANDA:

 … Inoltre un altro aspetto: quando arriverà il vaccino per il Coronavirus, ci sarà una vera corsa per ottenerlo e sarà difficile averne abbastanza per tutti quelli che lo vogliono fare. E se ci fosse una quota di cittadini che non lo vorrà fare ? Questo potrebbe impattare sull’efficacia dello stesso, visto che nel mondo gli unici potenzialmente immunizzati sono a tutt’oggi i malati sopravvissuti alla terribile pandemia ?

RISPOSTA:

Non è ancora possibile capire quali, tra i vari vaccini in studio, siano davvero efficaci, né quali sono i migliori. Quindi, essendo questi vaccini basati su tecnologie molto diverse, non è ancora possibile iniziare a costruire le strutture necessarie per produrre milioni (o miliardi) di dosi del vaccino: inizialmente i vaccini saranno disponibili solo per certe persone, quelle più fragili ed in cui la malattia tende ad avere un decorso più grave, e quelle, come gli infermieri ed i medici, particolarmente esposte al rischio di contagio.  
È facile prevedere che, inizialmente, ci sarà una corsa per avere il vaccino, molti desidereranno essere vaccinati, in specie se non sarà possibile produrre abbastanza vaccino per tutti. Se, invece, una quota della popolazione lo rifiutasse, non credo che ci sarebbe nessun vero problema.
Se l’85-90% della popolazione desiderasse e potesse essere vaccinato, il virus non potrebbe più facilmente circolare in quella comunità, ed anche la quota delle persone non vaccinate sarebbe protetta.
Questo fenomeno è stato messo in evidenza dagli allevatori che si sono accorti che non è necessario vaccinare tutti gli animali (pecore, capre, mucche…) per proteggerle da un’infezione. È sufficiente vaccinare l’85-90% di questi animali per proteggerli tutti, risparmiando un sacco di soldi. Questo fenomeno, oggi ben conosciuto, si chiama appunto “l’immunità di gregge”.

DOMANDA:

3 ) Per finire l’aspetto etico di tutta questa vicenda. Professore, ma è una notizia vera che se la pandemia si arrestasse, usiamo questo termine, naturalmente, e non vi fosse più a disposizione un numero congruo di soggetti malati, allora sarebbe a rischio la creazione del tanto agognato vaccino ? E che quindi a tal riguardo si è già ipotizzato che si potrebbe indurre in determinati pazienti la malattia di Covid-19 per poter così continuare le sperimentazioni?

RISPOSTA:

Tra poche settimane alcuni dei nuovi vaccini anti COVID-19 dovranno essere valutati per quanto la loro capacità di proteggere control la COVID-10. Per fare questo, in condizioni normali, si vaccina una quota di persone e si valuta quante di queste si ammalano in confronto ad un’analoga quota di persone non vaccinate. Se il vaccino funziona, la malattia sarà meno (o molto meno) frequente nelle persone vaccinate.
Ma se la malattia non c’è più, o se i casi sono troppo pochi; come si fa a valutare l’efficacia del vaccino?
Una possibilità è quella di reclutare delle persone che volontariamente si fanno vaccinare e, successivamente accettano di venire deliberatamente infettate. Se non si ammalano, dimostrano che il vaccino è efficace. Se si ammalano, verranno curate il meglio possibile.
Questi volontari accettano un rischio, rischio che può accelerare la messa a punto del vaccino e quindi salvare molte vite umane, rischio, che in certi casi e in certe nazioni, viene ricompensato economicamente. Negli Stati Uniti più di mille persone si sono offerte volontarie per questo tipo di esperimento.   

Redazione N>O>I – Network Organizzazione Innovazione – FM-Staff


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