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#IoSonoUnAlbero: No alla capitozzatura


No alla capitozzatura!

Ci sono diverse ragioni per opporsi alla capitozzatura degli alberi, dalla salute delle piante, agli aspetti economici.
Una campagna di dissuasione verso una pratica che affligge viali, parchi e campagne.

La potatura degli alberi fa parte della gestione ordinaria del verde urbano. Ma il risultato che ci consegnano le imprese del verde, per qualsiasi essere umano dotato di sensibilità, a volte è davvero raccapricciante. Alberi con la chioma mozzata, scheletri senza foglie. Mostri geometrici alieni al mondo vegetale, che poco hanno a vedere con la vita degli esseri viventi. Non è certo per una questione puramente estetica che vi parliamo della capitozzatura, o delle potature drastiche inflitte alle nostre piante.
 

Ma forse dovremmo partire proprio dal fatto che un bambino, istintivamente non disegnerebbe mai alberi del genere.

In mezzo alle città, lungo i viali alberati, in questo periodo capita spesso di vedere un trambusto di camion, gru, e uomini sospesi in aria sui cestelli, sollevati da potenti braccia di ferro. Presi dal nostro tran tran quotidiano non ci rendiamo conto di cosa stia succedendo. Dall’abitacolo delle nostre autovetture non ci accorgiamo neppure del fracasso infernale delle motoseghe.

La perdita economica sul medio-lungo periodo è rilevante.
Se l’albero capitozzato sopravvive, entro pochissimi anni occorrerà intervenire con una nuova potatura di contenimento della vegetazione

I risultati li vediamo e ci sgomentano.

Ma spesso non conosciamo gli effetti a lungo termine della capitozzatura che sono inesorabili:
indebolimento, invecchiamento precoce, malattie, insediamento di parassiti sono le conseguenze di una pratica sconsiderata, che continua a procurare danni alla natura e ai cittadini, a causa del cedimento improvviso dei rami o il collasso improvviso degli alberi.
Questo però non significa che le piante non si debbano toccare. Uomini e alberi devono poter convivere, anche nei contesti urbani. Ma questo è un motivo in più per fare delle potature corrette, con cognizione di causa, per evitare di creare danni ancora maggiori per la cittadinanza, oltre che per la salute stessa degli alberi e di quel po’ di natura rimasta a margine di piazze, strade, parcheggi e marciapiedi.
 

L’aumento dei costi
Le autorità comunali, spinti dalla reale necessità di salvaguardare l’incolumità pubblica, scrivono ordinanze e firmano esecuzioni lavori, convinti di mantenere gli alberi sani e sicuri.
Il gioco al ribasso degli appalti pubblici di fatto contribuiscono a far fiorire un sottobosco di aziende e cooperative con maestranze improvvisate e personale spesso sottopagato.

Malgrado sempre più città si stiano dotando di uno specifico regolamento del verde che impone precise raccomandazioni e linee guida, gli scempi rimangono all’ordine del giorno.

Vediamo dappertutto tagli che non rispettano la fisionomia naturale delle piante e che come tali non vengono perseguiti e sanzionati, malgrado favoriscano l’insicurezza e riducano la capacità di difesa delle piante di fronte alle malattie.

Un altro mito da sfatare è che la potatura possa migliorare lo stato di salute delle piante. È vero semmai il contrario. Come si legge nei quaderni della Scuola Agraria del Parco di Monza, che in Italia è un’autorità indiscussa, gli alberi crescono bene da soli, se li si lascia stare. Ad ogni ramo tagliato corrisponde una radice che muore. Le foglie permettono infatti la fotosintesi e producono l’energia necessaria ad una pianta per sopravvivere. Come reazione la pianta attiva le gemme latenti forzando la rapida crescita di germogli attorno a ogni taglio. L’albero ha bisogno di creare, il più presto possibile, una nuova chioma. E se non possiede una sufficiente energia di riserva, accumulata nel legno, si indebolisce e rischia di morire.
La potatura dovrebbe limitarsi una semplice asportazione selettiva di rami secchi, l’eliminare parti morte, morenti o pericolose per la vita urbana. In altri casi potrebbe limitarsi a prevenire dei danni alla struttura. Tutto il resto è un danno che facciamo alle piante e a noi stessi.

Il valore del verde urbano

Le piante sono esseri viventi, che come noi vivono, si sviluppano, si ammalano, soffrono, lottano per la sopravvivenza, e interagiscono con gli altri esseri viventi. Ma soprattutto aiutano la qualità della nostra vita, mostrando una capacità, che non uguali in natura, di entrare in simbiosi con l’uomo, gli animali, il terreno, funghi e microrganismi, secondo un’intelligenza che sfugge alla nostra capacità di comprensione.

La definizione di piante “ornamentali” è piuttosto riduttiva, relega la loro funzione ad una questione estetica, o di pubblico decoro. Si dimentica troppo spesso che la presenza della vegetazione in aree urbane è indispensabile per la purificazione dell’aria, la regolazione del clima, la difesa del suolo dall’erosione e la riduzione dell’inquinamento acustico.

Alla conferenza Onu Habitat III sullo sviluppo urbano sostenibile, tenutasi lo scorso ottobre a Quito in Equador, sono stati presentati i numeri di un caso studio importante: la città di New York, che ospita a Central Park una delle foreste urbane più vaste del mondo. Ebbene, a fronte dei 22 milioni necessari per la manutenzione, gli alberi della Grande Mela fruttano 120 milioni di dollari l’anno. Contribuiscono per 28 milioni ai risparmi di energia, per 5 milioni al miglioramenti della qualità dell’aria e per 36 milioni a ridurre le spese dovute al contenimento delle inondazioni da pioggia. Gli alberi, grazie alla loro ombra possono mitigare le temperature delle città tra i 2 e gli 8 gradi; se sono piantati vicino a un edificio, consentono di ridurre del 30% il costo dell’aria condizionata in estate, e di abbattere le spese per l’energia fra il 20 e il 50% in inverno. Ma i benefici ambientali riguardano anche la salute. Un solo grande albero assorbe 150 chili di CO2 all’anno, filtrando anche le polveri sottili emesse dal traffico veicolare, dalle industrie e dalle caldaie domestiche. Lo stesso albero, assimilando circa 5000 litri di acqua all’anno, contribuisce a mantenere il sottosuolo asciutto, pronto a impregnarsi di altra acqua piovana.

La città ideale dovrebbe avere, secondo gli esperti, almeno il 40% della propria superficie ricoperta da alberi. Ma purtroppo, secondo le ultime rivelazioni Istat, relative al 2014, il verde urbano, nelle nostre città rappresenta il 2,7% del territorio. Ogni italiano ha a disposizione in media 31 mq di superficie verde con differenze regionali piuttosto marcate, con il Nordest che ha dotazioni superiori più che doppie rispetto a quelle del Centro, del Nord-ovest e delle Isole. Una carenza che si ripercuote sulla nostra qualità della vita, poiché gli alberi sono un antidoto contro l’ansia e la depressione. Perché, come ha rilevato uno degli interventi alla conferenza di Quito, in un’area priva di alberi nel cervello degli umani si attiva maggiormente l’amigdala, che stimola il rilascio degli ormoni che innescano la reazione di combattimento o fuga.  

Scegliere operatori qualificati

Chi si rivolge a un operatore ETW (European Tree Worker) ha la garanzia di aver di fronte una persona formata sul piano teorico-pratico in materia di botanica, fitopatologia, normative sulla sicurezza sul lavoro. Capace di utilizzare corde e moschettoni per fare tree climbing, l’arrampicata sugli alberi, che permette di operare con maggiore cura e precisione.

La certificazione viene rilasciata dalla European Arboriculture Council (EAC) e attesta queste capacità professionali e competenze in materia di arboricoltura, ma ha una validità limitata nel tempo. Ogni tre anni è infatti da rinnovare con un nuovo esame e si deve dimostrare di avere continuato ad operare nel campo dell’arboricoltura.

“Purtroppo in Italia non è ancora riconosciuto pienamente il ruolo del tree worker” mentre nei paesi stranieri rappresenta un titolo preferenziale nella selezione. Tuttavia in Italia siamo circa 170 persone iscritte nell’albo. E la mentalità sta cambiando, anche se a fare scuola come sempre è il Nordeuropa”.

7 ragioni per opporsi alla capitozzatura

Pubblichiamo una sintesi delle buone ragioni per dire no ai tagli netti degli alberi. Si tratta di valutazioni e indicazioni tratte dai documenti ufficiali della Società Internazionale di Arboricoltura, la più grande associazione professionale del mondo, che si occupa della conoscenza e della conservazione degli alberi.

  1. Deficit nutritivo. Qualunque intervento che rimuove più di 1/3 di superficie della chioma, causa un deficit di sostanze nutritive. La capitozzatura, elimina una porzione di chioma che sconvolge l’equilibrio energetico della pianta, determinando l’abbassamento delle difesa da agenti patogeni e aggressioni esterne.
  2. Shock solare. La chioma dell’albero ha una funzione di ombrello che scherma dagli agenti atmosferici e dall’azione diretta dei raggi solari. Con la capitozzatura il tessuto della corteccia rimane esposto a scottature solari, e si espone allo stesso rischio tutta la vegetazione circostante.
  3. Sviluppo di malattie e parassiti. I mozziconi di un albero capitozzato formano delle ferite difficili da rimarginare soprattutto quando sono collocate in posizione apicale. Tali monconi sono facilmente attaccabili da insetti e parassiti, ma anche dalle spore di funghi che causano carie del legno.
  4. Ricrescita accelerata di rami deboli. La pianta cerca di reagire gettando nuovi rami epicormici, che spuntano cioè dalle nuove gemme presenti sul tronco. Si tratta di rami particolarmente deboli, che presentano un’attaccatura fragile, con il rischio che si stacchino più facilmente con colpi di vento. I nuovi rami sono più numerosi di quelli che si svilupperebbero secondo la fisiologia naturale, e crescono molto velocemente riportando in breve tempo la pianta all’altezza precedente. Il risultato è una pianta più pericolosa di prima con un aggravio di costi di manutenzione.
  5. Morte dell’albero. Alcuni alberi adulti, e alcune specie, come ad esempio i faggi, sopportano la capitozzatura meno di altri. La riduzione del fogliame conduce rapidamente all’essiccamento.
  6. Brutture. La potatura drastica distrugge la naturale forma dell’albero, lasciando al posto della parte terminale delle branche orribili monconi. Finché non ricompaiono le foglie l’albero capitozzato appare sfigurato e mutilato. Quando metterà le foglie formerà una chioma a forma di palla. Un albero capitozzato non riuscirà più a riacquisire la sua naturale forma e perde così la sua funzione estetica.
  7. Aggravio dei costi Si fa presto a tagliare con la motosega in modo indiscriminato. Un’operazione molto più semplice e veloce del taglio selettivo, che dà l’illusione di risparmiare tempi e costi. Tuttavia sul medio-lungo termine i costi si accrescono enormemente perché aumenta anche la necessità di fare degli interventi di manutenzione. 

VIDEO –  Non Capitozzare MIni Corso


fonte: terranuova ( campagna di sensibilizzazione )

Staff RecSando / Bicipolitana Network / #C6


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